Vladimir RaduVladimir Radu

Una lite davanti alla discoteca si trasforma in tragedia

Una lite nata per futili motivi, forse una battuta di troppo, è costata la vita a Vladimir Radu, 39 anni, morto dopo due giorni di agonia per una grave emorragia cerebrale. Il tragico episodio è avvenuto nella notte del 21 giugno davanti alla discoteca Area City di Mestre, in un parcheggio della zona commerciale di via Don Tosatto.

Tutto è cominciato con una discussione tra il figlio 14enne di Radu e un giovane di 24 anni, entrambi di origini moldave. Il diverbio, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe degenerato rapidamente. Radu è intervenuto per proteggere il figlio, ma nel confronto ha ricevuto un pugno in pieno volto. Caduto rovinosamente a terra, ha battuto la testa sull’asfalto. Le conseguenze sono apparse subito gravi.

La fuga dell’aggressore e il ritorno in libertà

L’aggressore, identificato come un 25enne connazionale, è fuggito all’estero subito dopo il fatto, ma è stato successivamente rintracciato e fermato al suo rientro in Italia. Il giovane è accusato di omicidio preterintenzionale: avrebbe voluto colpire, non uccidere. Dopo la convalida del fermo da parte della magistratura veneziana, è stato scarcerato, ma resta sottoposto all’obbligo di dimora a Spinea e al divieto di uscita notturna.

Due testimoni oculari, amici della vittima, hanno raccontato agli inquirenti quanto accaduto, contribuendo a chiarire la dinamica dell’aggressione. I periti stanno ora cercando di capire se la morte sia stata causata dall’impatto del pugno o dalla successiva caduta a terra.

Una famiglia spezzata e una comunità in allarme

Vladimir Radu, residente a Noale, è stato ricordato da amici e conoscenti come un padre premuroso. La sua morte ha scosso profondamente la comunità locale, già allarmata da precedenti episodi di violenza avvenuti in prossimità del locale Area City, già sottoposto a chiusure temporanee da parte della questura per motivi di sicurezza.

Il caso ha riacceso il dibattito sulla sicurezza urbana e sulla necessità di maggiore vigilanza nelle zone della movida. Intanto, la giustizia farà il suo corso, ma resta il dolore per una vita spezzata mentre cercava semplicemente di difendere il proprio figlio.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *