La madre di Emanuele RagneddaLa madre di Emanuele Ragnedda

Nicolina Giagheddu: ‘Mio figlio avrebbe dovuto assumersi le sue responsabilità’

«Ha tentato il suicidio? Quando uno non ci riesce, vuol dire che non ci ha provato bene. Chi si vuole suicidare, si suicida».

Le parole, dure e definitive, sono di Nicolina Giagheddu, madre di Emanuele Ragnedda, l’imprenditore 41enne di Arzachena che ha confessato l’omicidio di Cinzia Pinna, la donna di 33 anni uccisa la notte dell’11 settembre scorso nella tenuta di famiglia.

La donna ha parlato ai cronisti nel porticciolo di Cannigione, dove i carabinieri del Ris di Cagliari hanno condotto nuovi accertamenti sullo yacht “Nikitai”, appartenente alla famiglia Ragnedda. Una presenza silenziosa ma determinata, la sua, segnata da parole che non lasciano spazio a dubbi: nessuna giustificazione per il figlio, nessun tentativo di attenuare la gravità del gesto.


“Non parlo con lui, né con il padre di mio figlio”

«Come sta? Non lo so, non ci parlo. Non parlo con lui, non parlo con l’avvocato di mio figlio e non parlo con il padre di mio figlio», ha dichiarato Giagheddu, confermando di aver preso le distanze dal congiunto per quanto accaduto.

La madre dell’imprenditore ha ribadito la propria condanna morale, prendendo le distanze da ogni ipotesi di difesa sostenuta da altri membri della famiglia.
«Non credo alla difesa da un’aggressione, come ha sostenuto il padre di Emanuele. Non ho dubbi, non ne ho mai avuti. Mio figlio avrebbe dovuto assumersi subito le sue responsabilità. Fosse successo a me, avrei chiamato il 112. Non credo al panico, non ci credo a queste cose».


“Questa è casa mia, non di Emanuele”

Davanti ai giornalisti, Giagheddu ha voluto anche precisare un aspetto patrimoniale: «Questa è casa mia, non di Emanuele. Sembra che tutto sia di Emanuele, ma le cose sono della famiglia».
Una puntualizzazione che sottolinea, ancora una volta, la distanza emotiva e personale da un figlio che, a suo dire, «ha distrutto la vita di due famiglie».


L’istanza di scarcerazione e le indagini in corso

Secondo quanto riferito dalla donna, l’avvocato di Emanuele Ragnedda avrebbe già presentato un’istanza di scarcerazione. «Certo che non sono d’accordo, credo che chiunque non lo sarebbe», ha aggiunto.

Nel frattempo proseguono le indagini. Il sopralluogo dei carabinieri del Ris di Cagliari sullo yacht “Nikitai” e nella tenuta di Arzachena ha portato al ritrovamento di nuove tracce di sangue all’esterno del casolare dove è avvenuto l’omicidio.
Gli accertamenti puntano a verificare eventuali complicità nel tentativo di cancellare prove o di aiutare l’imprenditore dopo il delitto.

Per favoreggiamento risultano al momento indagati Rosa Maria Elvo, compagna di Ragnedda, e Luca Franciosi, 26 anni, giardiniere della tenuta. Gli investigatori cercano ancora i cellulari e gli abiti di Cinzia Pinna, mai ritrovati.


Il ritorno in carcere dopo il tentato suicidio

Dopo il tentato suicidio in carcere, Emanuele Ragnedda era stato trasferito nel reparto di Psichiatria dell’ospedale di Sassari. Dimesso nei giorni scorsi, è stato ricondotto nel penitenziario di Bancali, dove si trova ora in regime di stretta sorveglianza.
Le misure di controllo, già attive prima del gesto autolesionistico, sono state ulteriormente rafforzate su richiesta del legale, per garantirne la sicurezza personale.


“Chiedo perdono alla famiglia Pinna”

Le ultime parole della madre sono rivolte alla famiglia della vittima. «Chiedo perdono alla famiglia Pinna, per non aver salvato Cinzia», ha detto Giagheddu con voce ferma ma commossa.
Un dolore che si mescola alla rabbia, e che restituisce il ritratto di una donna rimasta sola, divisa tra l’amore materno e l’orrore di ciò che il figlio ha fatto.

Le sue parole, scandite in poche frasi, hanno colpito per la loro crudezza e per la loro onestà, segnando un nuovo capitolo in una vicenda che continua a scuotere l’intera Gallura.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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