L’esplosione di Castel d’Azzano: tre carabinieri uccisi in servizio
Un’operazione di perquisizione ordinaria si è trasformata in una tragedia senza precedenti.
Nella notte tra lunedì e martedì, a Castel d’Azzano, in provincia di Verona, tre carabinieri del nucleo operativo di Padova sono morti a seguito di una violenta esplosione avvenuta in un casolare dove vivevano tre fratelli noti per precedenti episodi di resistenza agli sfratti.
Le vittime sono il Luogotenente Marco Piffari, il Brigadiere Capo Valerio Daprà e il Carabiniere Scelto Davide Bernardello. Erano impegnati in una perquisizione disposta dalla Procura di Verona, collegata a un contenzioso giudiziario legato all’immobile, occupato abusivamente dai fratelli Ramponi.
Chi erano i carabinieri morti nell’esplosione
Tre profili diversi, uniti da un unico destino e da un profondo senso del dovere.
- Marco Piffari, 56 anni, era luogotenente carica speciale e comandante della Squadra Operativa di Supporto del 4° Battaglione Veneto (Mestre). Originario di Taranto, viveva in provincia di Padova. Appassionato di moto ed equitazione, era molto attivo sui social, dove condivideva riflessioni personali e post sull’Arma.
Un amico lo ha ricordato come “un uomo semplice e determinato, un comandante che sentiva il peso e l’onore del suo ruolo”. - Valerio Daprà, 56 anni, bresciano, si era arruolato nell’Arma nel 1988. Aveva una compagna e un figlio di 26 anni. Amava gli animali e condivideva spesso foto del suo cane, che chiamava “il figlio peloso”.
- Davide Bernardello, 36 anni, originario di Camposampiero (Padova), era carabiniere scelto e parte della stessa aliquota di primo intervento. Si era arruolato nel 2014.
Tre vite dedicate al servizio, spezzate da un’esplosione avvenuta in circostanze ancora da chiarire del tutto.
Cosa è accaduto nel casolare: la dinamica e le prime ipotesi
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’esplosione sarebbe stata innescata volontariamente durante la perquisizione.
Il procuratore di Verona, Raffaele Tito, ha dichiarato che si sta valutando l’ipotesi di omicidio premeditato e volontario, e non si esclude la fattispecie di strage.
La causa immediata della deflagrazione sarebbe una bomba rudimentale o una molotov, probabilmente lanciata da Maria Luisa Ramponi, una dei tre fratelli residenti nell’immobile.
All’interno della casa sarebbero state trovate 5 o 6 bombole di gas: la scintilla di un gesto disperato o deliberato potrebbe aver scatenato la devastazione. Lo scorso anno la donna aveva rivelato al Corriere di aver riempito la casa di gas “Con mio fratello lottiamo da cinque anni per avere giustizia. Ci hanno portato via tutta l’azienda agricola e adesso la casa. Volevano fare lo sgombero, ci siamo opposti in tutti i modi. Abbiamo riempito la casa di gas per riuscire a lottare”.
Chi sono i fratelli Ramponi, gli indagati dell’esplosione
Gli indagati sono Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi, agricoltori e allevatori con problemi economici e ipotecari. La loro situazione debitoria risaliva al 2014, quando avrebbero sottoscritto un mutuo garantito da casa e terreni. I tre sostenevano di non aver mai firmato i documenti, accusando la banca di firme false. Dopo anni di ricorsi, il tribunale aveva disposto l’esproprio e lo sfratto.
Negli ultimi anni, i Ramponi avevano dato luogo ad episodi analoghi:
- Nell’ottobre e nel novembre 2024 avevano aperto bombole di gas per opporsi agli ufficiali giudiziari.
- In un caso, uno dei fratelli si era cosparso di benzina minacciando di darsi fuoco.
Il quadro tracciato dai vicini e dalle autorità è quello di una famiglia isolata e in forte disagio, che viveva in condizioni precarie: senza luce né acqua, nutrendosi del latte delle proprie mucche. “Una casa fatiscente, un luogo di dolore”, ha commentato il procuratore Tito, visibilmente commosso sul luogo della tragedia.
Gli arresti e le indagini in corso
Dopo l’esplosione, Maria Luisa e Dino Ramponi sono stati estratti vivi ma feriti e ricoverati all’ospedale di Verona.
Il terzo fratello, Franco, è fuggito, ma è stato rintracciato poche ore dopo in una campagna di sua proprietà, grazie ai droni e all’elicottero dei carabinieri. Non ha opposto resistenza.
Il coltello o la molotov rudimentale usata per l’innesco è stata sequestrata, mentre proseguono le analisi balistiche e forensi per stabilire la dinamica esatta. Nel pomeriggio sono iniziati gli interrogatori di garanzia dei tre fratelli.
“Non era un evento imprevedibile”: le parole dei sindacati e della Procura
“Quella di Castel d’Azzano è una tragedia ma non un evento imprevedibile. Ogni carabiniere sa che il suo dovere può portarlo all’estremo sacrificio”, ha dichiarato Vincenzo Romeo, segretario generale di Pianeta Sindacale Carabinieri.
Lo stesso procuratore Raffaele Tito, visibilmente scosso, ha descritto una scena “struggente e insopportabile”:
“Vedere tre carabinieri in divisa coperti da un lenzuolo è una delle immagini più dure della mia carriera”.
Una ferita che segna l’Italia
La comunità di Castel d’Azzano è sotto shock, mentre l’Arma dei Carabinieri ha proclamato il lutto e disposto una camera ardente.
Il governo e i vertici militari hanno espresso il loro cordoglio, ma resta una domanda drammatica: come è stato possibile che una procedura civile di sfratto si sia trasformata in una tragedia da zona di guerra?