Giorgio ForattiniGiorgio Forattini

Un ultimo applauso nella sua “seconda casa”, Milano

Si terrà giovedì 6 novembre, alle 11, nella chiesa di Santa Francesca Romana a Porta Venezia, il funerale di Giorgio Forattini, morto a 94 anni. Milano, che era diventata la sua seconda casa dopo una vita di matite affilate, accoglierà familiari, colleghi, politici e cittadini per dire addio a uno dei più grandi vignettisti italiani.

Nato a Roma il 14 marzo 1931, Forattini ha rivoluzionato la satira politica con uno stile impietoso, ironico, scomodo. Non guardava in faccia nessuno: presidenti della Repubblica, Papi, statisti stranieri, giudici, terroristi, imprenditori. Le sue oltre 14mila vignette sono un diario lucido e feroce della storia repubblicana.

La sua biografia potrebbe sembrare quella di una vita qualunque, se non fosse che dietro la normalità si nascondeva una ribellione: dopo aver lavorato in una raffineria e aver viaggiato per l’Italia come rappresentante di commercio, a circa 40 anni Forattini imboccò una nuova strada. Il quotidiano Paese Sera gli diede la possibilità di disegnare, e fu l’inizio di una carriera che avrebbe dato voce all’ironia, alla provocazione, alla critica.


“Il principio è la libertà. E il divertimento”

Il suo lavoro, diceva, nasceva da due certezze: “libertà e divertimento”. Ma la libertà, spesso, gli è costata cara.
Nel 1974 la sua prima vignetta: Fanfani come un tappo di spumante, sparato in aria dopo la vittoria del “No” al referendum sul divorzio. Da quel momento, nulla fu più uguale.

Ha trasformato i politici in maschere:
Andreotti, il multiforme
Craxi come un Duce in camicia nera
D’Alema in uniforme da “Hitler comunista”
Veltroni un bruco
Prodi un parroco di campagna
Bossi nei panni di Alberto da Giussano
Nessuno escluso, nessuno risparmiato.


Le querele, D’Alema e lo strappo con La Repubblica

Una delle pagine più dure della sua carriera coincise con la querela di Massimo D’Alema, all’epoca Presidente del Consiglio, per la vignetta sull’affare Mitrokin. Forattini raccontava:
“Mi chiese tre miliardi di lire. Fu la prima volta che un politico cercò soldi solo da me, non dal giornale. Un precedente pericolosissimo per la libertà di satira”.

Quella ferita provocò anche la fine del lungo sodalizio con La Repubblica, quotidiano che lui stesso amava descrivere con un sorriso amaro: “Scalfari l’ha fondata, io l’ho disegnata”. Poi il passaggio a La Stampa, chiamato dall’Avvocato Agnelli.


Una vita da operaio, grafico, dissacratore. Mai schierato

Prima del successo, Forattini è stato operaio in raffineria, venditore di petrolio, commerciale di dischi, poi grafico a “Paese Sera”. Venne alla satira tardi, a quasi 40 anni, ma da allora non smise più.

Non sono mai stato di destra né di sinistra. Sono stato un uomo libero”, ripeteva.
Detestava l’integralismo e le appartenenze. Per questo è stato amato, odiato, querelato, temuto.


L’ultima matita e l’eredità di uno sguardo libero

Ha firmato oltre 60 libri, venduto milioni di copie, influenzato generazioni di disegnatori. E anche quando ammise un solo possibile errore – la vignetta sul suicidio di Raul Gardini – continuò a difendere la libertà di colpire ogni potere con una risata.

Giovedì Milano gli renderà omaggio. Sotto le navate di Santa Francesca Romana, la città saluterà l’uomo che, con un tratto di penna, ha raccontato vizi, paure, ambizioni e ipocrisie di un intero Paese.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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