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Morto Vincenzo Agostino, la barba lunga per la verità sul delitto del figlio: ‘Una sconfitta seppellirlo così’

Vincenzo Agostino morto a 87 anni, la battaglia per la verità sull'omicidio del figlio

Da quel maledetto 5 agosto del 1989 quando i killer della mafia a Villagrazia di Carini (Palermo) uccisero il figlio Nino, agente di polizia, la nuora Ida Castelluccio e il bimbo che aveva in gremboVincenzo Agostino l ‘aveva giurato. “Non mi taglierò più la barba fino a quando non saprò la verità“. E quella folta barba l’accompagnerà anche nel suo ultimo viaggio. L’87enne è deceduto domenica 21 aprile.

Vincenzo Agostino non tagliava più la barba dall’omicidio del figlio Nino e della nuora: ‘Lo farò quando saprò la verità’

Il 6 ottobre di un anno fa, dopo che la Corte d’appello confermò l’ergastolo per il boss di Resuttana Nino Madonia, disse: “Sono soddisfatto perché hanno condannato il macellaio di mio figlio e di mia nuora. Soddisfatto anche per mia moglie, desideravo tanto che ci fosse anche lei accanto a me. Ora toglierò la scritta sulla sua lapide, ‘morta in attesa di verità e giustizia‘”. La moglie, Augusta Sicherà, era morta nel febbraio di cinque anni fa. Vincenzo Agostino è morto con la barba lunga, aspettava la fine dell’altro processo, quello con rito ordinario, per avere completa giustizia.

La sua morte è stata accolta con commozione dal mondo delle istituzioni e della politica, ad iniziare dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che ha definito Agostino un “protagonista di un coraggioso impegno contro la mafia”. Cordoglio anche da Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Il Pesidente della Regione siciliana, Renato Schifani ha parlato di “un simbolo della testimonianza dell’antimafia, mentre il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ha detto che “il suo impegno civile deve continuare a rappresentare uno sprone per le istituzioni e la magistratura per arrivare a una verità completa su questo omicidio”.

Nino Agostino
Nino Agostino, ucciso con la moglie in un agguato

Il cordoglio del Presidente della Repubblica Mattarella

Per la presidente della commissione parlamentare Antimafia, Chiara Colosimo, “la battaglia di Vincenzo Agostino sarà la nostra” e messaggi sono arrivati ​​anche da Italia Viva, Pd e M5s. Per 35 anni non ha mai smesso di lottare per ottenere verità e giustizia portando il suo impegno sociale nelle scuole con quella sua lunga barba bianca che imponeva rispetto e scuoteva le anime Ha continuato senza sosta la sua battaglia fino all’ultimo, chiedendo che venisse fatta luce in particolare sui depistaggi nelle indagini sul duplice omicidio. “Voleva che diventassi il suo erede e che portassi avanti questa storia. Lo farò, gli ho promesso che non sarà dimenticato. Per noi è una sconfitta doverlo seppellirlo così perché non gli hanno permesso di tagliarla. In 22 anni non ho mai visto mio nonno rasato e purtroppo non lo potrò vedere mai” – ha detto Nino Morana che porta il nome di suo zio e che sogno di entrare in polizia.

Agostino aveva assistito a tutte le udienze sia del processo in abbreviato a Madonia sia a quelle col rito ordinario a carico di Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto. “Si sta avvicinando il giorno in cui potrei tagliare la barba perché si avvia a conclusione anche il procedimento ordinario. In caso di condanna, quel giorno potrò mantenere la promessa che ho fatto sulla tomba di mio figlio – diceva – Intanto, Madonia resta in carcere , io spero che adesso decida di pentirsi e di raccontare tutto quello che sa”.

Il nipote: ‘Voleva che diventassi il suo erede, in 22 anni non l’ho mai visto rasato’

Quel giorno non era arrivato. La Corte d’Assise si deve ancora pronunciare sulle responsabilità del boss Gaetano Scotto. Agostino ha passato la sua vita incontrando gli studenti e raccontando la storia di suo figlio assassinato a Villagrazia di Carini nella casa di villeggiatura dei genitori. Qualcuno in quelle stesse ore portò via dall’abitazione di Nino Agostino , in via Altofonte, degli appunti che si trovavano nell’armadio. E citando proprio quest’episodio, Vincenzo Agostino ripeteva agli studenti: “La verità della morte di Nino e Ida è dentro lo Stato”.

Redazione
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Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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