La sorella di Alessandra Matteuzzi dopo la sentenza della CassazioneLa sorella di Alessandra Matteuzzi dopo la sentenza della Cassazione

Ergastolo definitivo per Giovanni Padovani

È diventata definitiva la condanna all’ergastolo per Giovanni Padovani, l’ex calciatore e modello di 29 anni che il 23 agosto 2022 uccise a Bologna l’ex compagna Alessandra Matteuzzi, 56 anni. Una vicenda che scosse l’Italia intera per la brutalità dell’aggressione: calci, pugni, martellate e persino una panchina di ferro usata come arma contro la donna sotto casa, nel giardino condominiale.

La decisione è stata presa dalla Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso della difesa e confermato la sentenza emessa in appello lo scorso novembre. La condanna all’ergastolo era già stata stabilita in primo grado nel febbraio 2024, con le aggravanti della premeditazione, dei motivi abietti, dello stalking e del legame affettivo con la vittima.


La sorella in lacrime: ‘Giustizia per Alessandra’

In lacrime, la sorella Stefania Matteuzzi ha accolto la notizia come un atto di giustizia, pur consapevole che il dolore resterà per sempre:

“Ci tenevo tantissimo, è la pena massima che si poteva dare. Lui ha distrutto la vita di mia sorella ancora prima di massacrarla, ha distrutto la mia vita. Da quattro anni combatto contro questa persona che ha travolto la nostra famiglia. Ora la giustizia c’è stata, ma il dolore non passerà mai”.

Stefania ha ricordato anche la madre, morta senza sapere nulla della figlia: “Mia mamma è morta con il dolore di non avere notizie di Alessandra”.


L’attacco alla madre di Padovani: ‘Gravissimo il suo comportamento’

Il passaggio più duro delle dichiarazioni di Stefania riguarda la madre di Giovanni Padovani, accusata di non aver fatto abbastanza per fermare il figlio:

“Ho portato enorme rispetto per la madre di lui, ma il suo comportamento è stato gravissimo. Aiutiamo i figli a capire quando ci sono dei problemi, seguiamoli di più e cresciamoli con dei valori, perché questo ragazzo non li aveva”.

Una denuncia che punta il dito non solo contro la responsabilità individuale di Padovani, ma anche verso un contesto familiare incapace di intercettare segnali di pericolo.


Alessandra viveva nella paura

La sorella ha ricordato gli ultimi mesi di vita di Alessandra, segnata dalla paura costante:

“Lui le aveva tolto la libertà, aveva paura di fare qualsiasi cosa. Anche io temevo di andare da lei. Ora vorrei ricordarla per le cose belle, non per quello che lui ha fatto. Voglio che non parli più di mia sorella: deve lasciarla in pace”.

Parole che evidenziano il clima di terrore che precedette il femminicidio, già inquadrato come caso di stalking e violenza premeditata.


Ergastolo definitivo: un messaggio contro i femminicidi?

La conferma della Cassazione ha un peso simbolico che va oltre il singolo caso. Molti si chiedono: può questa sentenza rappresentare un segnale forte nella lotta ai femminicidi in Italia?

Negli ultimi anni i dati raccontano un aumento drammatico di donne uccise da partner o ex partner. La vicenda di Alessandra Matteuzzi, con la crudeltà e la premeditazione messe in luce nei processi, è diventata uno dei simboli di questa emergenza sociale.

La sorella, con le sue parole, chiede non solo giustizia ma anche un cambiamento culturale e familiare: insegnare ai figli il rispetto, il valore della libertà e il rifiuto della violenza.


Un dolore che resta per tutta la vita

La sentenza della Cassazione mette la parola fine al percorso giudiziario, ma non al dolore della famiglia Matteuzzi. Per Stefania, la sorella di Alessandra, il verdetto è una forma di giustizia, ma resta l’assenza irreparabile della donna.

Il caso di Alessandra diventa così un monito: non abbassare mai la guardia, riconoscere i segnali della violenza, e non smettere di educare al rispetto. Perché, come ricorda Stefania, “i figli vanno cresciuti con valori”.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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