Axenia ManoliAxenia Manoli

Il corpo della 31enne rinvenuto in un’area boschiva

Una comunità sotto choc, troppe domande senza risposta e una giovane vita spezzata. A Cave, piccolo centro alle porte di Roma, la morte di Axenia Manoli, 31 anni di origini moldave, madre di due bambini e conosciuta da tutti per la sua gentilezza, si trasforma in un giallo che scuote l’intero paese. Nonostante la Procura escluda al momento responsabilità di terzi, amici e conoscenti rifiutano l’idea di un gesto volontario. E la vicenda diventa sempre più complessa.


La Procura esclude un crimine: quali elementi hanno portato a questa conclusione?

In una nota ufficiale, il procuratore di Tivoli Andrea Calice ha chiarito che «non vi sono allo stato elementi che possano far ipotizzare azioni criminose ai danni di Axenia Manoli».
Una frase che arriva dopo ore di interrogativi e che, tuttavia, non placa i dubbi del territorio.

Il corpo della 31enne è stato ritrovato il 14 novembre in un’area boschiva fra via Santa Maria del Monte e la zona del Pratarone, a pochi passi dalla sua auto, una Toyota Yaris nera. «Non c’erano segni di violenza», riferiscono fonti investigative. Axenia era legata a un ramo con una corda, dinamica compatibile con un gesto autolesivo.


Cosa è accaduto nelle ore della scomparsa?

Axenia Manoli aveva accompagnato i suoi due figli di 7 e 11 anni a scuola come ogni mattina. Poi, il nulla. Non si è presentata al lavoro, al ristorante cinese in cui faceva la cameriera. Il compagno, non vedendola rientrare, ha allertato i carabinieri.

Le ricerche sono partite subito, anche grazie al supporto dell’associazione Penelope.
Un’amica racconta:
«Axenia non avrebbe mai abbandonato i suoi bambini. Sapevamo che qualcosa non andava, non era da lei sparire così».

Il GPS dell’assicurazione dell’auto ha condotto le squadre nel bosco dove si è consumata la tragedia.


Il biglietto trovato in casa cambia qualcosa nelle indagini?

Secondo il racconto del compagno, in casa sarebbe stato trovato un biglietto in cui Axenia si scusava “per non aver fatto abbastanza per i figli”.
Non contiene, però, riferimenti espliciti a un gesto estremo.

Un investigatore spiega in via informale:
«Il contenuto è sfumato, non chiaramente riconducibile a intenzioni autolesioniste. È un elemento da valutare ma non conclusivo».


Perché a Cave non credono alla pista del suicidio?

La giovane viveva a Cave da due anni, dove si era trasferita dopo aver denunciato l’ex marito violento. Lavorava come cameriera al ristorante cinese Joya.Descritta come solare, premurosa e profondamente legata ai suoi bambini, la comunità non riesce ad accettare l’ipotesi del suicidio.

Una vicina commenta:
«Aveva sofferto, sì, ma stava ricostruendo la sua vita. Aveva progetti, speranze. Non posso credere che abbia deciso così».

Il caso richiama alla memoria quello di Marco Giacchetta, ritrovato morto nel 2015 e inizialmente archiviato come suicidio, poi riaperto per omicidio dopo anni di battaglie della famiglia.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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