Carmela Sermino, vedova di Giuseppe VeropalumboCarmela Sermino, vedova di Giuseppe Veropalumbo

A diciotto anni dalla tragedia, la battaglia della famiglia Veropalumbo non si è mai fermata

Il prossimo 31 dicembre segnerà diciotto anni dalla morte di Giuseppe Veropalumbo, il giovane padre colpito mortalmente da un proiettile vagante a Torre Annunziata durante la notte di San Silvestro 2007. Aveva solo trent’anni. Secondo le ricostruzioni dei collaboratori di giustizia, quel colpo sarebbe partito da alcuni minorenni del “quadrilatero delle carceri”, esploso in direzione di quello che definivano “il palazzo dell’infame”. Una dinamica folle e assurda che ha spezzato una vita innocente e trasformato definitivamente la sua famiglia.

Carmela Sermino, la moglie, era accanto a lui con in braccio la figlia di appena un anno. Da quel giorno porta avanti una battaglia civile diventata impegno pubblico: ha fondato un’associazione dedicata alla memoria del marito e alla promozione della legalità nelle scuole e nei quartieri. Un impegno che negli anni l’ha resa un punto di riferimento riconosciuto anche fuori dalla città.

L’immobile confiscato al clan Agretti: dalla concessione “temporanea” allo sfratto

Nel 2016, grazie a un provvedimento della giunta dell’allora sindaco Giosuè Starita, a Carmela e alla figlia è stato concesso l’uso temporaneo di un appartamento confiscato al clan Agretti in via Vittorio Veneto 390. Lì vivono dal 2018. L’immobile è stato progressivamente sistemato, ristrutturato, reso agibile grazie a lavori effettuati anche dalla stessa famiglia Veropalumbo. In quegli spazi Carmela ha organizzato incontri pubblici, riunioni con studenti, gruppi di famiglie e persino momenti istituzionali come la visita del garante campano dei detenuti.

Il documento di concessione parlava di “temporaneità”, ma senza una data espressa. L’attuale amministrazione, guidata dal sindaco Corrado Cuccurullo, sostiene invece che la legge fissi un limite massimo di nove anni. Una differenza interpretativa che ha generato la scintilla dello scontro.

Ad aprile 2024 la vedova ha ricevuto un avviso di sfratto, con richiesta di lasciare l’abitazione entro il mese di agosto. Quattro mesi di tempo: meno dei sei previsti normalmente.

L’ondata di solidarietà: petizione, associazioni e cittadini al fianco della famiglia

Il malessere non è passato inosservato. Il 9 dicembre Carmela Sermino ha lanciato una petizione che in 48 ore ha superato 1.700 firme. Messaggi di sostegno sono arrivati da tutta la Campania, da docenti, studenti, familiari di vittime innocenti e cittadini comuni.

Sul caso sono poi entrate direttamente Fondazione Polis e Libera, che hanno deciso di affiancare la famiglia ai tavoli istituzionali, sottolineando il ruolo simbolico della storia Veropalumbo nella memoria collettiva contro le mafie.

Il nodo irrisolto: Giuseppe non è mai stato riconosciuto vittima della criminalità

Il punto più doloroso della vicenda resta però un altro: Giuseppe Veropalumbo non è mai stato formalmente riconosciuto dallo Stato come vittima innocente della criminalità organizzata. Un limite che pesa come un macigno.

Carmela lo ribadisce con amarezza:
«Giuseppe non aveva mai avuto un problema con la legge. Nessuna multa, nessuna indagine. Eppure non abbiamo diritto ad alcun sostegno, né economico né lavorativo, perché manca una sentenza definitiva».

La donna oggi lavora part-time al teatro Trianon grazie all’intervento solidale di Nino D’Angelo, ma non ha accesso ad alcun beneficio previsto per i familiari delle vittime. Una situazione definita “ingiusta” anche da chi, nelle istituzioni, sta seguendo il caso.

I nuovi tavoli istituzionali: Comune, Libera e Polis verso un modello “innovativo”

La svolta degli ultimi giorni è arrivata dal Comune di Torre Annunziata. Il sindaco Cuccurullo e il vicesindaco Tania Sorrentino – anche lei vedova di una vittima innocente, Maurizio Cerrato – hanno incontrato i referenti regionali di Libera per definire un nuovo percorso sull’utilizzo dei beni confiscati.

L’obiettivo dichiarato è duplice:

  1. garantire una gestione trasparente e corretta dei beni pubblici;
  2. ampliare i criteri di riconoscimento delle vittime, includendo anche quelle presenti negli elenchi delle associazioni nazionali, sebbene non formalmente certificate dallo Stato.

Una possibile innovazione con impatto nazionale, che supererebbe la rigidità delle definizioni giuridiche per restituire dignità sociale alle vittime finite nel limbo dei “non riconosciuti”.

Il sindaco: “Serve una soluzione equilibrata e rispettosa”

Il primo cittadino ha ribadito la sua posizione in una nota ufficiale:
«Comprendiamo il dolore della signora Sermino. È necessario individuare una soluzione equilibrata, improntata a equità e legalità, evitando interventi estemporanei».

Dopo l’incontro, Cuccurullo ha contattato telefonicamente la vedova, garantendo la vicinanza dell’intera amministrazione.

Un caso simbolo destinato ad allargarsi oltre Torre Annunziata

La vicenda Veropalumbo non riguarda più soltanto una casa. È diventata un banco di prova sul rapporto tra memoria, diritti e riconoscimento istituzionale delle vittime, soprattutto di quelle che non rientrano nelle definizioni formali ma sono ferite reali della criminalità.

I tavoli continueranno nelle prossime settimane. La speranza, per Carmela e sua figlia, è che questa volta la giustizia – se non quella delle sentenze – arrivi attraverso la sensibilità delle istituzioni.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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