Tatiana TramacereTatiana Tramacere

Il post di Lorenzo Tramacere contro l’odio social e l’ombra della denuncia

«Lasciatemi essere brutalmente sincero: molti di voi avrebbero preferito un finale peggiore. Una morte, un colpo di scena, qualcosa da raccontare. Perché l’odio ha bisogno di tragedie nuove da divorare». Il cugino di Tatiana Tramacere, Lorenzo, non usa mezzi termini. Anzi, li rovescia, con la stessa forza con cui in questi undici giorni si è parlato della ragazza scomparsa, analizzata, giudicata, trascinata in un vortice di interpretazioni mentre la sua famiglia chiedeva soltanto silenzio.

Lo sfogo, lungo, affilato, arriva su Facebook e non è solo un gesto di difesa ma un atto d’accusa contro la sete di dramma che si è impossessata del dibattito pubblico. Tatiana, 27 anni, studentessa, appassionata di poesia e seguitissima sui social, era sparita dalla sua abitazione di Nardò e ritrovata giovedì scorso in una casa a soli 500 metri dalla sua, nascosta e rannicchiata in un armadio. Con lei, Dragos Ioan Gheormescu, 30 anni, l’amico che l’ha ospitata e che ora potrebbe finire al centro di una denuncia.

«Quale dolore l’ha travolta?»

Secondo quanto riferito dalla stessa giovane, l’allontanamento sarebbe stato volontario. Non un sequestro, non una costrizione. Una fuga, semmai; un isolamento cercato, forse disperato, di cui ancora non è possibile comprendere la radice. «Se davvero tutto ciò è stato frutto della sua volontà, allora dobbiamo capire perché. Quale dolore l’ha spinta a isolarsi in quel modo, quale tempesta interna può averla travolta fino a farla sparire per dieci giorni», scrive Lorenzo.

La famiglia, in queste ore, prova a proteggerla. Tatiana è tornata, ma è tornata denutrita, smagrita, «non si reggeva in piedi», ha raccontato il padre. E quelle condizioni fisiche continuano a sollevare domande. Non accuse – almeno non ancora – ma interrogativi sospesi. Domande sussurrate e non gridate: è davvero possibile che nessuno l’abbia vista, sfiorata, cercata, sostenuta? Che sia stata solo una volontà solitaria, senza pressioni, senza fragilità sfruttate, senza sentimenti manipolati?

L’ipotesi denuncia

In questa cornice, e non fuori, arriva l’ipotesi: la famiglia potrebbe presentare denuncia nei confronti di Dragos Gheormescu. Non per punizione, forse, ma per chiarezza. Per definire contorni che oggi sfuggono. L’uomo ha cambiato avvocato e domani in procura, il nuovo legale, chiederà di visionare gli atti e valutare eventuali sviluppi.

«Non vogliamo accusare nessuno, stiamo solo cercando di capire», ribadisce il cugino. Il punto non è giuridico, almeno non ancora. Il punto è umano. Tatiana non è un caso, non è una trama, non è una narrazione a puntate. «Le parole pesano davvero – aggiunge – e c’è un limite oltre il quale non feriscono: spezzano». È in questa linea sottile che tutto si muove e si inceppa.

La violenza del commento pubblico

Le ore della scomparsa sono state il dominio del panico. Le ore del ritrovamento sono diventate, paradossalmente, il territorio del sospetto. Una parte dell’opinione pubblica, soprattutto nella rete che l’aveva scelta come voce e come volto, le rimprovera di non aver pensato alla famiglia, di aver permesso alla paura di diventare notizia.

Eppure, mentre si chiedeva di immaginare scenari oscuri, Lorenzo ribalta tutto: «Tatiana è viva. E questo dovrebbe bastare». La vita come fonte di disappunto per chi avrebbe preferito il romanzo nero, la tragedia totale, la costruzione perfetta del racconto del dolore.

Non è morta, dunque il racconto non ha soddisfatto. È salva, dunque non c’è climax. È tornata, dunque si pretende spiegazione, rielaborazione, confessione immediata. Ma Tatiana, oggi, è solo una ragazza fragile, stremata, chiusa nel silenzio che aveva cercato e che ora deve diventare scudo.

In un tempo che esige storie con un colpevole e un titolo definitivo, la sola verità possibile è che non siamo davanti a un caso, ma a una persona. Tatiana è viva. E questo, davvero, dovrebbe bastare.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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