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Nuovo anno, Giano bifronte: ogni fine è un nuovo inizio

Felice anno nuovo, buona fine buon principio, chi ben comincia è a metà dell’opera. Chi di noi ad inizio anno andando a trovare i parenti, incontrando gli amici, imbattendosi in un conoscente, non ha pronunciato queste frasi augurali? In realtà queste espressioni cristallizzate in mera formula di cortesia, sottendono un significato più profondo.

Nella vita attraversiamo sempre delle fasi di transizione, dalla fanciullezza alla giovinezza, dalla giovinezza all’età adulta e da questa all’età senile. Ora se su una superficie piana delimitiamo un segmento (concettualmente spazio-temporale) con due punti A e B, ci avvediamo che nel tracciare la linea che unisce il punto A al punto B esiste un tratto, in cui non siamo più nel punto A ma non abbiamo ancora raggiunto il punto B. E’ proprio questo l’attraversamento metamorfico che simboleggia il passaggio che dal noto ci conduce all’ignoto. Nel passaggio non siamo più quello che eravamo prima, ma non siamo ancora ciò che stiamo per diventare. Non è forse questa anche una metafora della vita come viaggio?

Il culto di Giano

E così l’uomo pensa in termini mitici a una divinità che possa sacralizzare e confortare di buoni auspici l’inizio. Questo nume tutelare è Ianus Bifrons, divinità romana, dio degli inizi dal duplice volto che simboleggia l’entrata e l’uscita e pertanto è anche il guardiano delle porte e delle soglie. Protettore dell’inizio di ogni attività, a Giano è dedicato al tempio capitolino, Januarius (gennaio) il primo mese dell’anno e quindi anche il primo giorno dell’anno. In questo senso nell’antica Roma esisteva il culto di Giano, divinità preposta agli inizi in quanto si riteneva che ogni cominciamento potesse raffigurarsi come l’attraversamento di una porta.

Gli erano sacri anche gli incroci delle strade. Pertanto da un fausto o non fausto principio veniva a dipendere l’esito, il compimento felice o meno di una azione, un’opera o qualsiasi altra impresa. Senza esserselo propiziato si sconsigliava quindi di intraprendere qualsiasi attività, dalle imprese militari ai negozi pubblici e agli affari privati. Abbiamo detto che Giano è il guardiano del principio e della fine, pertanto ne spicca il rilievo anche per quanto riguarda le faccende agricole e quindi per la semina e il raccolto, i due tempi fondamentali che scandiscono la vita dell’agricoltore.

Il Giano Bifronte nel lessico

Proprio per questo suo simboleggiare l’inizio e la fine Giano viene rappresentato con due volti, ovvero Giano bifronte, uno rivolto in avanti e uno rivolto all’indietro. Pertanto, poiché tutto sta nel principio, nel felice inizio, nel bene incominciare, presso i romani questa divinità si invocava al momento di intraprendere qualsiasi cosa. In particolare per il primo mese dell’anno, ovvero Ianuarius, ma anche per gli altri mesi e per ogni giorno, si chiedeva quindi la benedizione di Giano.

Basti pensare che le porte del suo tempio, nel foro romano, rimanevano aperte in tempo di guerra e chiuse solo nei rari momenti di pace, come al tempo dell’imperatore Augusto nel 27 a.C. In quanto divinità della porta che in latino si dice janua, lo si riteneva il guardiano dell’ingresso di casa, e quindi dell’entrata e dell’uscita, pertanto gli venivano riconosciuti anche gli attributi del portiere, per cui portava le chiavi in mano (Claviger Patulcius Clusius) e sulle porte vi era effigiato il suo volto bifronte.

La porta stessa implica in effetti l’attraversamento di una soglia, un passaggio dal noto all’ignoto e metaforicamente può intendersi come superamento di una condizione per approdarne a un’altra. Nel lessico di oggi l’espressione Giano bifronte sta a significare una situazione dilemmatica carica di ambiguità in cui non è possibile discernere sufficientemente gli aspetti positivi e negativi.

Ma cosa può ancora dire Giano Bifronte all’uomo moderno?

Forse può indicarci qualcosa a proposito dell’esperienza che facciamo del tempo. Se non tesoreggiamo le esperienze pregresse il futuro si rivelerà una stanca e insipida replica del passato. Chi non ha fatto i conti col proprio passato e vale non solo per le vicende individuali, ma anche per quelle dei popoli e delle nazioni, è destinato a riviverlo. Traiamo insegnamento quindi dagli errori commessi per non ripeterli in futuro. Per dare un senso, passo dopo passo al nostro cammino, non possiamo volgerci all’avvenire senza uno sguardo retrospettivo al passato, sembra ammonire Giano.

Marco Troisi

Redazione
Redazione
Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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