Piero LongoPiero Longo

Chi era Piero Longo? Il padre che non ha mai smesso di cercare suo figlio

Non era un personaggio pubblico, non apparteneva al mondo dello spettacolo né della politica. Eppure, a Monopoli, in provincia di Bari, tutti conoscevano il volto di Piero Longo. Un padre con gli occhi sempre un po’ stanchi, consumati dalla speranza e dalla disperazione, che da otto anni cercava instancabilmente suo figlio Giovanni, scomparso nel nulla il 6 marzo 2017.

Oggi, quel padre è morto. La sua auto è finita contro un muretto a secco lungo la provinciale che collega Monopoli a Castellana Grotte. Aveva 60 anni. I soccorsi lo hanno trovato ancora in vita, intrappolato tra le lamiere, ma è spirato poco dopo l’arrivo in ospedale.

Una storia che non è solo una notizia di cronaca, ma il simbolo di un dolore che ha annientato un’intera famiglia e commosso una comunità intera.


Come è avvenuto l’incidente che ha tolto la vita a Piero Longo?

Secondo una prima ricostruzione della polizia locale, Piero Longo stava percorrendo la provinciale quando un trattore si sarebbe immesso sulla carreggiata. Nel tentativo di evitarlo, avrebbe perso il controllo dell’auto, finendo contro un muretto a secco. L’impatto è stato violentissimo. L’auto è rimasta semidistrutta.

I mezzi coinvolti sono stati sequestrati, mentre gli agenti stanno raccogliendo testimonianze per fare piena luce sull’accaduto. Ma in paese nessuno ha dubbi: Piero correva dietro a un destino che già gli aveva tolto troppo. Forse troppo dolore da sopportare, anche per un cuore che aveva resistito oltre ogni limite umano.


Otto anni fa la scomparsa del figlio Giovanni: un mistero mai risolto

Era il 6 marzo 2017. Giovanni Longo, 26 anni, lavoratore saltuario – qualche volta parcheggiatore, altre volte giardiniere – uscì di casa. Indossava una felpa grigia, jeans, scarpe antinfortunistiche. Lasciò sul letto i suoi occhiali da vista. Con sé portò il cellulare e il portafoglio.

Alle 19 telefonò per l’ultima volta a sua madre. Poi, il silenzio. Nessun avvistamento certo, nessun corpo, nessuna verità. Solo un buco nero, un’assenza che ha divorato gli anni, i sorrisi, le speranze.

Nei giorni precedenti alla scomparsa, Giovanni aveva chiesto una somma ingente ai genitori senza spiegare perché. Da allora, solo ipotesi, appelli disperati, indagini che non hanno portato risposte.


“Siamo vittime di un punto interrogativo”: l’urlo di un padre a Chi l’ha visto

Piero Longo non si era mai arreso. Andava in televisione, partecipava alle puntate di Chi l’ha visto?, parlava con voce tremante ma ferma. In uno di quegli appelli, rimasto impresso nella memoria collettiva, disse: «Siamo vittime di un punto interrogativo».

Raccontò che sua moglie viveva praticamente nella stanza del figlio. Ogni volta che veniva ritrovato un corpo senza nome, il cuore iniziava a battere all’impazzata. «Ogni cadavere ci toglieva il respiro. Sperare e temere allo stesso tempo è una tortura».

Oggi, quel cuore si è fermato. E con lui se ne va un testimone vivente di dignità nel dolore.


L’abbraccio di Monopoli a una famiglia distrutta

La comunità di Monopoli è sotto shock. Già otto anni fa si strinse attorno alla famiglia Longo in un abbraccio collettivo che profumava di rispetto e compassione. Oggi lo fa di nuovo, ma con un silenzio ancora più pesante.

Piero era amato, conosciuto, rispettato. Un uomo normale diventato simbolo. Aveva trasformato la sua disperazione in una missione, continuando a chiedere verità per Giovanni. Oggi, quella ricerca si interrompe. Rimangono la moglie, gli altri familiari, e una comunità che piange due volte lo stesso dolore.


Morte e assenza: cosa resterà di questa storia?

Resta una domanda che brucia: perché il destino si accanisce così tanto? Piero Longo è morto senza riuscire a sapere che fine abbia fatto suo figlio. Se è vivo. Se è morto. Se un giorno qualcuno parlerà.

Il suo corpo è stato recuperato, le sue ferite certificate. Di Giovanni, invece, non esiste neppure un addio. Solo un nome sussurrato nei corridoi, una stanza piena di silenzio, fotografie ingiallite e una madre che continua ad aspettare.

Il dolore, a volte, non ha voce. Oggi ha il volto di un padre che se n’è andato col suo mistero nel cuore.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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