Sabato sera di sangue a Capizzi: la vittima era davanti al bar gli amici
Probabilmente non era neanche lui l’obiettivo del sanguinoso e mortale agguato. Capizzi si è svegliata nel silenzio di una tragedia che ha il suono secco degli spari e il nome troppo giovane di una vittima: Giuseppe Di Dio, sedici anni, studente dell’istituto alberghiero Ettore Majorana di Troina.
Era sera, poco dopo le 22:30 di sabato 1° novembre, quando in via Roma — il cuore del paese, dove i ragazzi si incontrano davanti a un bar per un panino, una sigaretta, due chiacchiere — un’auto scura si è fermata. Da quel veicolo sono scesi in tre ed hanno esploso i colpi che hanno trasformato in tragedia quella che doveva essere una notte di divertimento e svago tra ragazzi. Nelle ore successive sono stati fermati il 20enne Giacomo Frasconà Filar, il padre 48enne, Antonino, e il fratello 18enne, Mario.
L’agguato
Secondo la ricostruzione dei carabinieri della compagnia di Mistretta, a bordo dell’auto c’erano tre persone: un ventenne già noto alle forze dell’ordine, suo fratello di 18 anni e il padre, 48. Il ragazzo più grande è sceso, la mano stretta su una pistola con matricola abrasa. Non una lite improvvisa, non un gesto casuale. Ha mirato e ha fatto fuoco. I colpi hanno raggiunto Giuseppe, che è crollato sull’asfalto.
Un altro giovane di 22 anni è stato colpito a una gamba: ora è ricoverato all’ospedale di Nicosia, non in pericolo di vita. Per Giuseppe non c’è stato nulla da fare: è morto poco dopo, nella guardia medica del paese. Ad esplodere il colpo mortale, secondo quanto riferito da Il Giornale di Sicilia, sarebbe stato Giacomo Frasconà Filar con gli inquirenti che non escludono l’ipotesi dello scambio di persona. L’obiettivo sembra fosse un altro giovane con il quale il 20enne aveva avuto una discussione.
Perché sparare contro un sedicenne inerme? È la domanda che scuote Capizzi, piccolo centro dei Nebrodi, meno di tremila abitanti, dove tutti si conoscono. I carabinieri non si sbilanciano: le indagini, coordinate dalla procura di Enna, puntano a chiarire se si tratti di rancori personali, vecchi attriti o di qualcosa che ha radici più profonde.
Di certo c’è che i tre fermati — padre e figli — non sono estranei agli investigatori: il sindaco Leonardo Giuseppe Principato Trosso ricorda come la famiglia fosse già nota per diversi precedenti penali. «L’anno scorso — denuncia — alcuni di loro furono indagati per aver dato fuoco alla caserma dei carabinieri. Due giorni fa erano stati sottoposti a controlli perché sospettati di possedere armi».
La dinamica: un agguato in pieno centro
Il ventenne, ora accusato di omicidio, tentato omicidio, detenzione abusiva e ricettazione di arma, è sceso dall’auto e ha aperto il fuoco. Nessuna parola, solo il rumore della pistola. Giuseppe stava parlando con alcuni amici davanti al bar. È caduto subito. L’altro ragazzo ferito è stato trascinato via e portato al pronto soccorso. La pistola è stata recuperata e sequestrata: una semiautomatica clandestina, senza matricola.
Padre e fratello non hanno sparato, ma secondo l’accusa hanno accompagnato il giovane killer, sostenendolo nell’agguato. Per questo sono stati fermati con l’accusa di concorso nei reati. Il paese è rimasto paralizzato: il sangue sul marciapiede, le urla, le sirene delle ambulanze. Una scena che Capizzi non dimenticherà.
Chi era Giuseppe Di Dio?
Un ragazzo timido, educato, legato alla famiglia e alla terra. Così lo descrivono i compagni di scuola e i vicini. Frequentava il terzo anno dell’alberghiero Don Bosco Majorana di Troina. Ogni giorno percorreva chilometri per arrivare a lezione. Nel tempo libero aiutava i genitori nell’azienda agricola e zootecnica. «Era un bravo figlio, un lavoratore», racconta chi lo conosceva.
La scuola ha pubblicato un messaggio di cordoglio: «Ricorderemo per sempre il suo sorriso». Anche il sindaco ha annunciato il lutto cittadino: «È una tragedia immane. Poteva essere una strage, quel bar ieri sera era pieno di ragazzi. Chiediamo più sicurezza, siamo pochi e soli».
Perché è successo? Rabbia, paura e silenzi
Cosa ha scatenato la furia del killer? Domanda senza risposta. Gli investigatori scavano nelle ultime ore, nei rapporti tra le famiglie. Nessuno vuole parlare apertamente, ma il sospetto è che la tensione covasse da tempo. La pistola clandestina, i precedenti, i controlli recenti: tutto suggerisce una violenza pronta a esplodere.
I social del paese sono pieni di incredulità: «Un ragazzo di sedici anni ucciso per strada. Non è possibile». Tanti chiedono giustizia, altri si chiudono in un silenzio impaurito. «La nostra è una comunità piccola — dice il sindaco — ma non possiamo abituarci al sangue».
Le prossime ore: indagini, perizie e funerali
La Procura ha disposto l’autopsia. Le indagini puntano a ricostruire ogni dettaglio: chi ha premuto il grilletto, chi ha aiutato, perché. I tre fermati sono ora in carcere. Il paese attende, sospeso tra dolore e rabbia. I funerali di Giuseppe saranno celebrati nei prossimi giorni. Sarà lutto cittadino.

