Una domenica come tante, spezzata sull’asfalto
Era una mattina calma alle porte di Bologna. Ettore Pausini, 78 anni, barba curata e passo leggero, esce come sempre con la sua bicicletta. Quel giro tra gli Stradelli Guelfi era un rito, un modo per respirare vita, per sentire ancora il mondo scorrere sotto le ruote. Ma ieri, su quella stessa strada, il mondo si è fermato. Un’auto lo travolge, non rallenta, non si ferma. Lo lascia sull’asfalto, tra sangue e silenzio.
Lo zio di Laura Pausini, il barbiere gentile di Piazza Azzarita, l’uomo che aveva sconfitto un tumore e trasformato la sua rinascita in impegno per gli altri, muore così: solo, abbandonato da chi l’ha colpito.
La corsa disperata dei soccorsi
L’impatto è violento. I passanti chiamano i soccorsi, i sanitari arrivano in pochi minuti. Tentano l’impossibile per un’ora: massaggi cardiaci, defibrillatore, ossigeno. Ettore lotta, ma questa volta la vita non concede proroghe. Il cuore si ferma. Il corpo resta lì, su una strada che da tempo i cittadini chiedevano fosse resa più sicura. Nessuno ascoltava. Ora quella voce è diventata un urlo.
Un pirata della strada e un’automobile fantasma
La caccia al responsabile inizia subito. Telecamere, testimonianze, frammenti di vernice sull’asfalto. I carabinieri trovano l’auto poche ore dopo: una Opel Astra, vecchio modello, a due chilometri dal luogo dell’incidente. Il proprietario viene identificato, ma nega di essere alla guida. Dice di non sapere chi stesse usando l’auto. Forse uno straniero. L’auto non risulterebbe rubata
Nessuna certezza, solo l’eco di una fuga vile. Un uomo ha colpito, ha visto, ed è sparito lasciando dietro di sé una bicicletta distrutta e una famiglia in ginocchio.
Il dolore di Bologna e di una famiglia spezzata
Bologna si ferma. Il sindaco Matteo Lepore parla di cordoglio, di massimo impegno per individuare il responsabile. Ma le parole sono fragili, leggere come carta, davanti al peso di un dolore così grande. Piazza Azzarita piange il suo barbiere. I residenti lo ricordano: «Era un amico, una persona di cultura, un uomo buono». Nel suo negozio le forbici ora sono ferme, la poltrona vuota, il profumo di dopobarba resta sospeso nell’aria.
E poi c’è Laura Pausini. Non serve una dichiarazione ufficiale per capire il dolore. Dietro le luci dei palchi, dietro le canzoni che hanno attraversato il mondo, c’è una nipote che ha perso uno dei punti fermi della sua vita.
Un uomo che aveva sconfitto la morte, ma non questa volta
Ettore Pausini non era solo uno zio famoso. Era un sopravvissuto. Aveva affrontato il tumore, lo aveva sconfitto, e da quella sofferenza era nato un nuovo impegno: l’associazione Onconauti, dove aiutava i malati oncologici a riconquistare la vita. La sua bici era il simbolo di quella rinascita. E proprio la strada che gli dava libertà gli ha tolto tutto.
Una ferita che chiede giustizia
Ora resta un’indagine aperta, un’auto sequestrata, un nome ancora senza volto. Resta una strada segnata da anni come pericolosa, ignorata finché il sangue non ha bussato con forza. Resta Bologna, che guarda quei chilometri d’asfalto e si chiede quanto ancora si debba aspettare.
E resta soprattutto il dovere della giustizia. Per Ettore Pausini. Per la sua famiglia. Per chi esce di casa la mattina in bicicletta e spera solo di tornare.

