La testimonianza della figlia di Barbara Vacchiano in aula
L’aula della Corte d’Assise di Salerno si ferma quando la voce di Anna Maria Vacchiano attraversa il silenzio dietro il paravento che la separa dalla madre. «Sono sua figlia. E ho il diritto di chiamarla assassina», dichiara. È il passaggio più duro della sua deposizione nel processo per la morte di Marzia Capezzuti, avvenuta nella notte tra il 6 e il 7 marzo 2022. Alla sbarra ci sono Barbara Vacchiano e Damiano Noschese; un figlio minorenne della coppia è già stato condannato in un procedimento separato.
Secondo il giudice che firmò l’ordinanza di custodia cautelare, Anna Maria è l’unica della famiglia ad aver conservato «un residuo d’umanità». Ed è proprio quella frattura familiare a diventare il fulcro della testimonianza trasmessa nel corso della puntata del 26 novembre Chi l’ha visto?, dove la giovane ripercorre ciò che dice di aver visto negli anni in cui Marzia viveva nella casa dei Vacchiano.
Dietro il pannello che la protegge dallo sguardo della madre, Anna Maria racconta un episodio che sostiene l’abbia segnata: Marzia Capezzuti costretta a ingoiare un mozzicone di sigaretta ancora acceso. Da quel momento, afferma, aveva smesso di frequentare l’abitazione materna.
Il 5 marzo 2022, però, decide di tornare. La scena che descrive è cupa: Marzia sarebbe apparsa instabile, con le gambe gonfie, incapace di reagire. «Oscillava avanti e indietro… e continuava a ripetere il nome di mia madre», dice. E aggiunge: «Era pietosa. Io provavo a parlarle, ma lei rifiutava perfino di farsi toccare».
I rapporti peggiorati dopo la morte di Alessandro
Secondo la ricostruzione di Anna Maria, all’inizio la convivenza tra la madre e Marzia era quasi familiare. Tutto sarebbe cambiato dopo la morte di Alessandro Vacchiano, il fratello di Anna Maria e compagno della giovane, morto nel 2019 per overdose. Da quel momento — sostiene la testimone — la madre avrebbe riversato su Marzia un’accusa silenziosa e costante, imputandole la responsabilità di quella perdita.
La Procura, nella propria contestazione, parla di violenze, umiliazioni e privazioni che avrebbero avuto lo scopo di annientare la personalità della ragazza, insieme ai ripetuti prelievi della pensione cui Marzia aveva diritto.
La descrizione delle presunte sevizie: “La trattava come una schiava”
La deposizione della giovane è un elenco doloroso di episodi che lei afferma di aver visto o appreso direttamente nella casa materna: rifiuto del cibo, impossibilità di lavarsi, sonno sul pavimento. «Diceva che doveva fare la schiava», racconta. Durante la deposizione Anna Maria Vacchiano ha ricostruito un altro episodio scioccante. “Gli chiedemmo di darle una sigaretta e lei gliela spinse in bocca”.
L’accusa riporta anche l’esistenza di una ferita provocata da un utensile da cucina arroventato. Anna Maria riferisce che la madre avrebbe marchiato Marzia con un forchettone, incidendole le iniziali. L’ultimo ricordo è uno dei più duri: «Quando l’ho vista l’ultima volta puzzava di pipì. Non aveva più i denti. Diceva che mia madre glieli aveva tolti con una tenaglia».
Poi il colpo di scena personale: «Non è la santa che vedete seduta lì. È la stessa persona che mi ha picchiata per tutta l’infanzia». E aggiunge: «Mi sento una fallita… non sono riuscita a salvarla».
Dalla scomparsa alla svolta: la videochiamata e la frase che cambia tutto
Dopo la scomparsa di Marzia, il suo nome scivola nell’ombra. Nessun avvistamento certo, solo voci e sospetti. La svolta sarebbe arrivata da una videochiamata Instagram tra due fratelli, figli degli imputati. In lacrime, uno di loro pronuncia una frase che riapre tutto: «L’abbiamo soffocata».
Il 25 ottobre 2022 il corpo viene ritrovato in un casolare abbandonato.
L’indagine, le accuse e il processo
Il 19 aprile 2023 i carabinieri eseguono tre misure cautelari per Barbara Vacchiano, Damiano Noschese e il figlio minorenne. L’impianto accusatorio include omicidio, occultamento di cadavere, tortura, sequestro di persona, maltrattamenti e indebito utilizzo della pensione di invalidità.
La perizia medico-legale del giugno 2023 stabilisce che Marzia è morta per strozzamento con pressione sull’osso ioide. Nell’autunno successivo arriva il nulla osta alla sepoltura, a indagini concluse.
Il processo davanti alla Corte d’Assise inizia nel dicembre 2023. Il minore viene giudicato a parte: condanna iniziale a 16 anni, poi ridotta a 10.

