Dalla gioia alla tempesta digitale
Dopo undici giorni di ricerche, mobilitazioni, ipotesi, dirette tv e angoscia collettiva, la notizia del ritrovamento di Tatiana Tramacere aveva chiuso il cerchio in un applauso liberatorio. Ma lo spazio del sollievo è durato poco. Nel giro di ore, la linea dei commenti sui social è mutata: dalle frasi di felicità ai rimproveri, dagli abbracci virtuali alle accuse.
Il profilo Instagram della 27enne di Nardò – 60mila follower – un linguaggio curato, immagini costruite, citazioni e testi poetici – è diventato il punto d’urto tra l’immagine pubblica e l’assenza reale. É fermo dal 21 novembre ma, nonostante le critiche al vetriolo registra un lieve incremento. “Ci siamo allontanati per capire se il filo si spezzava” – l’incipit dell’ultima poesia. Un filo forse fin troppo sottile.
Le sezioni commenti sono state occupate da utenti che chiedono spiegazioni sulla scelta di non avvisare nessuno durante l’allontanamento volontario, né la famiglia né gli amici, mentre il paese viveva giorni di veglia e paura. Alcuni sottolineano il lavoro delle forze dell’ordine impiegate nelle ricerche: mezzi, uomini, tempo, ore di ricostruzioni e verifiche. Altri insistono sul trauma dei genitori, rimasti nell’incubo del peggio fino all’ultimo minuto.
L’attesa sotto casa e la città che non si spegne
A Nardò non è tornato subito il silenzio. Nell’androne di casa Tramacere, telecamere e microfoni restano puntati. Le troupe attendono un’eventuale apparizione, una frase, un gesto, o almeno la promessa di una futura spiegazione. Tatiana non parla, almeno non in pubblico. Non accenna. Non rilascia. Il diritto alla privacy, dopo giorni in cui anche la sua fotografia è rimbalzata ovunque, resta l’elemento invocato da chi difende il suo silenzio e il suo rientro senza cronache.
Nel frattempo, i genitori si riadattano dopo l’altalena emotiva che li ha travolti. Prima il rischio, poi l’assenza totale di notizie, infine il sollievo e subito dopo la nuova ondata: i perché, i giudizi, gli sguardi del paese.
Il sindaco: “La gioia del ritrovamento basta. Non tocca a noi giudicare”
A riportare la narrazione su un piano istituzionale è Pippi Mellone, sindaco di Nardò, popolarità radicata e due mandati alle spalle. La sua voce arriva con una frase che invita a fermarsi, a non trasformare l’allontanamento in un processo morale, pubblico, infinito.
“L’importante è che la ragazza sia tornata a casa e stia bene. Fermiamoci al sentimento provato quando è stata ritrovata. Non sta a noi giudicare”.
Mellone richiama alla dignità delle emozioni, al contenimento, alla necessità di non trasformare ogni vicenda privata in sala permanente di tribunale.
Il punto che resta
L’allontanamento è stato volontario e questo dato, pur chiudendo l’emergenza, apre un’altra fase: quella del senso. Perché il silenzio prolungato? Perché non un messaggio ai familiari per spegnere l’incubo? Perché lasciare tutto nei codici dell’assenza totale?
Sono domande che circolano, legittime, ma senza una risposta che Tatiana – almeno per ora – non intende dare. Lo spazio pubblico, già saturo, dovrà attendere. La città, dopo aver temuto il peggio, è ora costretta alla pausa, al fiato trattenuto, alla maturità.
Nel frattempo, il ritorno a casa resta il dato fermo. L’unico che non si discute.

