Il cane Bruno ucciso con bocconi infarciti di chiodiIl cane Bruno ucciso con bocconi infarciti di chiodi

Bruno non era solo un cane. Era un compagno di squadra, un soccorritore, un simbolo di dedizione e coraggio. Per sette anni ha lavorato accanto agli uomini, contribuendo al salvataggio di almeno nove vite umane in situazioni di emergenza, spesso al limite. È stato trovato senza vita in una pozza di sangue all’alba, nel centro cinofilo Endas alle porte di Taranto, dove si addestrava e viveva.

A ucciderlo sarebbe stato un wurstel imbottito di chiodi. Un’esecuzione lenta, atroce, durata ore. Nessun dubbio, per chi lo conosceva: è stato un gesto volontario, pensato e portato a termine con un obiettivo preciso.

La pista della vendetta: Bruno era scomodo per qualcuno

Non si tratterebbe solo di un atto di crudeltà gratuita. Bruno aveva partecipato a diverse operazioni di sequestro e indagini, anche a supporto della Protezione civile. Tra le sue missioni, anche quelle condotte contro gruppi criminali che organizzavano combattimenti tra cani. Una realtà sommersa e spietata, dove ogni ostacolo può diventare un bersaglio.

Arcangelo Caressa, responsabile del centro cinofilo in cui Bruno viveva, ha espresso il suo dolore con parole forti: “Oggi sono morto insieme a te. Ti hanno fatto soffrire per ore. Assassini”. Un messaggio che è rimbalzato sui social, amplificando l’indignazione pubblica.

Reazioni istituzionali e politica: “Un atto vile e inaccettabile”

Il dolore per la scomparsa di Bruno ha superato i confini del centro cinofilo e ha toccato anche le più alte cariche dello Stato. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che lo aveva premiato in passato, ha definito la sua uccisione “un atto vile e inaccettabile”, postando una sua foto accanto al cane su X.

Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa è intervenuto: “Un atto barbaro e incivile. Mi auguro che si faccia piena luce”.

La deputata Michela Vittoria Brambilla, da sempre in prima linea per i diritti degli animali, ha parlato apertamente di “morte orrenda e dolorosissima” e ha chiesto l’applicazione della legge che porta il suo nome: fino a 4 anni di carcere e 60mila euro di multa per chi uccide un animale con sevizie.

Caccia all’assassino: indagini in corso

Le forze dell’ordine stanno indagando nel massimo riserbo. Nessuna ipotesi è esclusa, ma il contesto in cui Bruno operava — fatto di sequestri, lotte clandestine, animali maltrattati — fa pensare a una vendetta lucida. Chi ha voluto colpire Bruno, sapeva cosa stava facendo.

Il centro dove è avvenuto l’avvelenamento è stato posto sotto sorveglianza e si cercano immagini o testimonianze utili. La sensazione, tra chi lo ha conosciuto, è che il responsabile possa essere qualcuno già noto agli ambienti investigativi.

Bruno, simbolo di un’Italia che lotta per il bene

Bruno rappresentava qualcosa di più del suo lavoro. Era la dimostrazione che l’intelligenza, la fedeltà e il coraggio degli animali possono cambiare le cose. Oggi, la sua morte non è solo una perdita per chi lo amava, ma una ferita per chi crede ancora che giustizia, legalità e civiltà siano più forti della violenza.

Chi ha colpito Bruno, ha lanciato un messaggio. Ma ora, la risposta spetta allo Stato.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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