Un italiano morto ad Agadir e rimasto senza pace
È una storia che parla di solitudine, marginalità e dignità negata quella di Michael Oberkofler, 59 anni, originario di Laives, in Alto Adige. L’uomo è morto lo scorso 2 settembre ad Agadir, in Marocco, stroncato da un attacco di cuore, ma a distanza di tre mesi il suo corpo si trova ancora in una cella frigorifera dell’obitorio cittadino. Nessuno ha pagato le spese per riportarlo in Italia o per garantirgli una sepoltura nel Paese nordafricano.
Una vicenda che ha scosso l’opinione pubblica locale e che oggi riemerge grazie all’iniziativa di un amico, che ha deciso di lanciare un appello pubblico e una raccolta fondi per porre fine a questa attesa senza dignità.
La morte improvvisa e il ritrovamento in auto
Secondo quanto ricostruito dal quotidiano Alto Adige, Oberkofler è stato trovato senza vita dalla polizia marocchina, riverso sul volante della sua auto. Era malato da tempo e viveva una condizione di forte fragilità personale ed economica.
Dopo la morte dei genitori e del fratello, Michael aveva lasciato l’Italia, vendendo la casa di famiglia a San Giacomo e saldando alcuni debiti. Il trasferimento in Marocco non aveva però segnato una rinascita: la sua situazione si era progressivamente deteriorata.
Una vita ai margini e l’aiuto del consolato
Ad Agadir, Oberkofler viveva in condizioni di grave precarietà, arrivando a dormire per strada. Si era rivolto più volte al consolato italiano, che aveva tentato di aiutarlo offrendogli una sistemazione temporanea e provvedendo almeno a pranzo e cena.
«Gli dicevo di tornare in Italia, ma era irremovibile», ha raccontato la viceconsole onoraria Antonella Bertoncello. «Diceva che voleva sparire nel deserto, andare verso sud».
Una frase che oggi suona come un presagio.
Il nodo economico: 4.500 euro per tornare in Italia
Il problema è ora puramente economico, ma con enormi risvolti umani. Per rimpatriare la salma in Italia servono circa 4.500 euro. Per una sepoltura ad Agadir ne basterebbero 1.500. Ma Michael non ha parenti disposti — o in grado — di sostenere la spesa.
Così il suo corpo resta fermo, congelato in attesa di una decisione che nessuno prende.
L’appello dell’amico: “Nessuno merita questo”
A muoversi è stato Salah Eddine Hajou, chef originario di Marrakech e residente a Nizza, che aveva conosciuto Oberkofler anni prima. È lui ad aver lanciato una raccolta fondi su Facebook, appellandosi anche al sindaco di Laives e all’assessorato provinciale al sociale.
«Può aver commesso errori, ma nessuno merita di restare mesi in un frigo», ha dichiarato. «Lo dico da credente: una sepoltura dignitosa è un dovere umano».

