Il piccolo Giovanni e la mamma Olena StasiukIl piccolo Giovanni e la mamma Olena Stasiuk

Da poche settimane poteva vedere il bambino da sola

Con il passare delle ore, emergono dettagli sempre più drammatici sulla tragedia di Muggia, la cittadina alle porte di Trieste dove Olena Stasiuk, 55 anni, ha sgozzato il figlio di nove, Giovanni, nella loro casa di piazza Marconi.

Solo da poche settimane, la donna poteva vedere il bambino senza la presenza degli assistenti sociali.
E proprio mercoledì 12 novembre, in uno dei giorni stabiliti per l’incontro, si è consumato l’irreparabile.

I sogni di Giovanni spezzati da una madre fragile

Dopo anni di visite controllate, il tribunale aveva recentemente alleggerito le restrizioni, permettendo a Olena di trascorrere qualche ora da sola con il figlio. Una decisione arrivata dopo mesi di monitoraggio.

Il piccolo — che frequentava la quarta elementare della scuola slovena di Muggia, appassionato di calcio e skateboard — aveva un rapporto sereno con il padre, Paolo, un ex operaio, al quale Giovanni era profondamente legato. Diverso il rapporto con la madre che, secondo quanto riferito dal genitore, non incontrava con entusiasmo.

“Era un bambino solare, pieno di energia, stava per fare la Prima Comunione,” raccontano i compagni e l’allenatore della squadra dei Pulcini del Muggia 1967, dove Giovanni giocava.

Un’udienza attesa e rinviata

Olena aveva presentato più volte richiesta per riottenere la custodia esclusiva del figlio, convinta di essere in grado di occuparsene.
Nel giorno della tragedia, mercoledì 12 novembre, le è stato comunicato il rinvio a febbraio dell’udienza deciso per motivi tecnici dal tribunale. É stato l’ennesimo colpo per una donna che, secondo chi la conosceva, viveva “in bilico da tempo”.

“Aveva bisogno di aiuto, ma rifiutava di farsi seguire”

Due anni fa, il Centro di Salute Mentale di Trieste aveva interrotto l’assistenza a Olena Stasiuk.
Il parroco di Muggia, don Andrea Destradi, che conosceva bene la famiglia, aveva provato più volte a farle capire che doveva tornare a farsi seguire.

“Era venuta da me a chiedere aiuto per trovare lavoro, ma capivo che non era quello il vero problema,” ha raccontato. “Le dicevo: fatti aiutare dai medici. Ma lei rifiutava.”

L’ultima volta che il sacerdote aveva visto Giovanni era sabato, a messa, accanto al padre. Si preparava alla Prima Comunione. “Era sereno, felice,” ha detto don Andrea, “non avrei mai immaginato che quella potesse essere l’ultima volta.”

Il racconto dell’interrogatorio

Durante l’interrogatorio davanti al sostituto procuratore e agli agenti della Squadra Mobile, Olena Stasiuk ha parlato per due ore e un quarto, in uno stato di forte confusione mentale.
Assistita dall’avvocata Chiara Valente, ha cercato di spiegare il suo gesto, facendo riferimento al “rapporto difficile” con il padre del bambino.
Al termine, è stata portata nella sezione femminile del carcere di Trieste. Prima di arrivare a Muggia la 55enne lavorava in Ucraina come analista chimica in un industria aereonautica.
Nel frattempo, il padre di Giovanni si è sentito male durante l’attesa. È stato soccorso dai sanitari e si è successivamente ripreso.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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