L’orrore in una casa del centro di Muggia
Un bambino di nove anni, Giovanni, è stato trovato senza vita nel bagno della sua abitazione nel centro di Muggia, in provincia di Trieste. È morto sgozzato dalla madre, una donna di 55 anni, di origini ucraina, che da tempo viveva in Italia.
Secondo quanto accertato dagli inquirenti, la donna, Olena Stasiuk, avrebbe colpito il figlio con un grosso coltello da cucina, recidendogli la gola in un momento di furia o di totale perdita di contatto con la realtà.
Quando gli agenti della Squadra Mobile sono entrati in casa, allertati dal padre che non riusciva a mettersi in contatto con lei, il corpo del piccolo era già freddo. Era morto da ore. La donna era lì, seduta accanto al corpo del figlio, in stato di shock, con alcune ferite superficiali ai polsi: un tentativo maldestro di suicidio, forse solo simulato.
Gli agenti hanno immediatamente bloccato la scena del delitto, mentre i sanitari del 118 la trasportavano all’ospedale triestino di Cattinara per le prime cure. Nella mattinata seguente, su disposizione della Procura, Olena Stasiuk è stata fermata per omicidio aggravato e condotta al carcere di Trieste.
Chi era la donna che ha ucciso suo figlio?
Olena Stasiuk era una madre seguita da tempo dai servizi sociali e dal Centro di salute mentale del territorio. “Era una psichiatrica nota”, spiegano fonti investigative, “con precedenti episodi di violenza nei confronti del figlio”.
Una situazione familiare fragile, logorata da una separazione conflittuale e da problemi personali mai del tutto affrontati.
Il padre di Giovanni, un uomo triestino di 58 anni, viveva a poca distanza e aveva segnalato più volte la preoccupazione per la stabilità dell’ex moglie. La coppia era seguita dal tribunale, ma – come conferma il sindaco Paolo Polidori – “nulla lasciava presagire un epilogo simile”.
Il bambino viveva ufficialmente con il padre, ma aveva il permesso di trascorrere dei pomeriggi con la madre. Proprio in uno di questi incontri, ieri sera, si è consumata la tragedia.
L’allarme lanciato dal padre
Mercoledì 12 novembre, in una palazzina di piazza Marconi, la donna era sola in casa con il figlio. Non c’erano urla, non ci sono stati rumori che potessero far sospettare nulla ai vicini.
Quando la polizia e i vigili del fuoco hanno fatto irruzione, hanno trovato il piccolo Giovanni riverso sul pavimento del bagno, accanto al lavandino. Il coltello insanguinato era sul pavimento.
Il padre, preoccupato per le mancate risposte al telefono, aveva lanciato l’allarme nel tardo pomeriggio. Ma era già troppo tardi.
Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire le ultime ore di vita del bambino, anche attraverso il cellulare della madre e i tabulati telefonici. Si indaga per capire se abbia lasciato un messaggio o una lettera. Per ora, nessuna spiegazione. Solo un silenzio spettrale.
Una comunità sconvolta: “Giovanni era un bambino solare”
Muggia si è svegliata immersa in un dolore collettivo. Davanti al portone della palazzina di via Marconi, fiori, peluche e candele.
Il sindaco Paolo Polidori ha proclamato il lutto cittadino:
“La comunità è devastata. Giovanni era un bambino conosciuto, amato da tutti. Frequentava la scuola e si preparava alla prima comunione. Cerchiamo di stare vicini al padre e ai compagni di classe.”
Anche la parrocchia si è stretta nel dolore. Don Andrea Destradi, il parroco, ha raccontato con voce spezzata:
“L’ho battezzato io. Sabato era a messa con suo padre. Si preparava alla comunione. La madre la conoscevo, una donna fragile, con un grande bisogno d’aiuto. Veniva spesso a chiedermi un lavoro, ma si capiva che non era quello il suo vero problema. Aveva bisogno di cure, di un sostegno professionale che non ha mai accettato.”
Alle 12 di oggi, le campane del Duomo di Muggia hanno suonato a lutto. Un minuto di silenzio anche davanti al Municipio, dove si è tenuto un picchetto in ricordo del bambino.
Perché nessuno è riuscito a fermarla?
È la domanda che aleggia su tutta la vicenda. Perché una donna già seguita dai servizi sociali, con disturbi documentati e precedenti episodi di violenza, non è stata monitorata più da vicino?
La tragedia di Muggia riapre una ferita già nota nella gestione dei casi di madri con disturbi psichiatrici e figli minori. Le relazioni dei servizi, secondo quanto trapela, non avevano segnalato un pericolo imminente. “Era una situazione difficile ma non drammatica”, ha ribadito il sindaco.
Eppure, bastava poco per comprendere che qualcosa non andava. La solitudine di Olena, l’isolamento, i problemi lavorativi e la resistenza a farsi aiutare erano campanelli d’allarme che non hanno trovato risposta in tempo.
Il dolore del padre e la città che si ferma
Il padre di Giovanni, sconvolto e in silenzio, è seguito in queste ore da psicologi del Comune.
Il bambino era tesserato nella squadra locale di calcio, il Muggia 1967, che ha sospeso ogni attività in segno di lutto:
“Con immenso dolore comunichiamo che una terribile disgrazia ha colpito la famiglia di un nostro piccolo tesserato. Tutte le attività sono sospese.”
Domani, durante la festa di San Martino, non ci saranno celebrazioni pubbliche: solo luci basse e un momento di raccoglimento.
Un epilogo che lascia solo domande
Cosa sia passato nella mente di Olena Stasiuk in quei minuti resta un mistero. Gli inquirenti parlano di un gesto di follia lucida, forse l’esito di un crollo psichico.
Di certo, Giovanni non potrà più tornare a scuola, non farà mai la sua prima comunione.
Resta solo una città in lacrime e una domanda che rimbomba più forte del silenzio: come può una madre uccidere il proprio figlio?

