Lamine è stato salvato dall'amputazioneLamine è stato salvato dall'amputazione

Una diagnosi senza vie d’uscita in Senegal

Lamine ha quattordici anni quando sente pronunciare la parola più temuta: amputazione. Una ferita riportata cinque anni prima era degenerata in una grave osteomielite alla tibia, una forma d’infezione che, nel suo Paese, i medici non erano più in grado di contenere. Due interventi chirurgici, eseguiti nel 2020 e nel 2022, non avevano fermato il processo distruttivo. La lesione avanzava, la tibia si indeboliva e l’unica soluzione prospettata per salvarlo sembrava essere quella più drastica.

In Senegal mancavano strumenti adeguati, terapie avanzate, possibilità di intervento mirato. Lamine e la sua famiglia si preparavano a un destino inevitabile, fino a quando un parente residente vicino a Como non decide di chiedere aiuto.

La catena solidale che apre un varco verso l’Italia

Il primo passo verso la salvezza arriva proprio dall’Italia. Quel parente, da tempo stabilito in provincia di Como, si rivolge a Sergio Fumagalli, chirurgo generale dell’Istituto clinico Villa Aprica. L’uomo ascolta la storia del ragazzo, valuta la situazione e decide di non ignorarla.

Grazie al supporto della direzione sanitaria, viene avviata la procedura per ottenere l’autorizzazione del ministero della Salute, passaggio indispensabile per trasferire Lamine in Italia e garantirgli un trattamento specialistico. Il ministero copre i costi dell’intervento; il resto – terapie, diagnostica, controlli e assistenza – viene assunto direttamente da Villa Aprica.

Parallelamente interviene la Questura di Como, necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno temporaneo per motivi sanitari. A Lamine e a sua madre serve un luogo dove vivere, e a offrirlo è una comunità dei padri Comboniani, che garantisce accoglienza, supporto quotidiano e la tranquillità indispensabile per affrontare la cura.

L’intervento a Como che cambia il destino

All’Istituto clinico Villa Aprica il caso viene affidato al team di Fabrizio De Marchi, responsabile dell’Ortopedia II. L’obiettivo è chiaro: salvare la gamba, ma soprattutto restituire al ragazzo una prospettiva che fino a poche settimane prima sembrava perduta.

La valutazione clinica conferma la complessità del quadro ma anche la possibilità di evitare l’amputazione. L’intervento viene programmato e portato a termine con successo. La ricostruzione della porzione ossea colpita dall’infezione, l’eliminazione dei tessuti compromessi e un percorso farmacologico mirato consentono una ripresa graduale, completa e più veloce del previsto.

Dopo l’operazione, Lamine non torna subito in comunità: riceve assistenza quotidiana da personale infermieristico volontario dell’ospedale, che si alterna nelle cure e nel monitoraggio della ferita. È un lavoro lento, scrupoloso, fondamentale.

Una guarigione che parla di possibilità

Il Gruppo San Donato descrive questa vicenda come una “storia di speranza e rinascita”. Per Lamine lo è a tutti gli effetti. Dall’amputazione considerata inevitabile in Senegal alla guarigione ottenuta in Italia, la sua esperienza diventa testimonianza di quanto la medicina, sostenuta dalla collaborazione tra istituzioni, volontari e professionisti, possa stravolgere il corso degli eventi.

Il ragazzo oggi cammina, studia, cresce. E porta con sé una gamba salvata e una storia che, per chi l’ha seguita passo dopo passo, rappresenta la dimostrazione concreta che una rete di aiuto può trasformare ciò che sembrava già deciso.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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