Un interrogatorio lungo tre ore: Lovati davanti ai magistrati di Brescia
Tre ore di domande, chiarimenti e puntualizzazioni. È rimasto a lungo davanti ai magistrati di Brescia l’avvocato Massimo Lovati, figura centrale – seppur non indagata – nell’inchiesta per presunta corruzione che tocca l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e che si intreccia con il mai dimenticato caso Garlasco.
All’uscita dal tribunale, il tono di Lovati è disteso ma le parole pesano:
“Mi hanno sentito come persona informata sui fatti. È stata una chiacchierata simpatica davanti a bravi magistrati”.
Dietro quella frase, pronunciata con un mezzo sorriso, si nasconde una vicenda intricata di denaro, consulenze e sospetti che torna a gettare ombre su un capitolo giudiziario che sembrava chiuso.
Cosa ha raccontato ai pm Massimo Lovati
Fino a poche settimane fa, Lovati era il difensore di Andrea Sempio, il 37enne di Garlasco che era tornato al centro delle cronache come possibile indagato per l’omicidio di Chiara Poggi, la giovane trovata morta nel 2007 nella sua casa di via Pascoli.
Oggi, l’avvocato non è accusato di nulla. La sua presenza a Brescia – chiariscono i legali – è solo per fornire spiegazioni su alcune somme di denaro che sarebbero circolate in relazione a una presunta “archiviazione pilotata”.
“Pare che Soldani e Grassi abbiano ammesso di aver preso soldi da Sempio e detto che ero io a tenere i conti”, ha riferito Lovati ai cronisti. “Ma io non ho mai fatto i conti. Mai chiesto soldi, andavo solo a prendere quelli che chiedeva Soldani. Dove sono finiti i soldi dei Sempio? Non lo so. So solo quello che hanno dato a me”.
Un racconto che sembra oscillare tra la volontà di chiarire e la necessità di difendersi da accuse mai formalmente rivolte, ma sempre sullo sfondo di una vicenda giudiziaria complessa e torbida.
Il nodo dei 15mila euro e la consulenza Linarello
Al centro dell’interrogatorio c’è una consulenza tecnica, firmata da Linarello, che secondo Lovati era un documento accessibile a tutti:
“L’avevano tutti. Era praticamente un atto pubblico”.
L’ex legale di Sempio ha confermato di aver ricevuto 15mila euro dal collega Soldani, denaro di cui oggi si cerca di capire la provenienza e la destinazione.
Quei soldi, secondo l’ipotesi d’accusa, potrebbero essere parte di un presunto flusso illecito diretto a influenzare l’operato dell’allora procuratore aggiunto Mario Venditti, in cambio di una decisione favorevole al padre di Andrea Sempio, Giuseppe Sempio.
Ma Lovati ribadisce la sua estraneità e non nasconde un certo fastidio per l’intera vicenda:
“Questa inchiesta mi fa ridere. Ho sempre detto quello che sapevo”.
‘Non è indagato, né formalmente coinvolto’
A chiarire la posizione di Lovati è il suo difensore, l’avvocato Fabrizio Gallo:
“Massimo Lovati non è accusato di nulla. È stato convocato per rispondere su una circostanza precisa, quella relativa alle somme di denaro. Non è indagato, né formalmente coinvolto in alcun reato”.
Il legale ha poi evidenziato una particolarità procedurale: la definizione di Lovati come “persona interessata”.
“È una qualifica che nel codice non esiste. O sei persona informata sui fatti, o sei indagato. ‘Persona interessata’ non significa nulla, è un modo impreciso di dire che può sapere qualcosa di utile”.
Scaccia rinuncia all’incarico di portavoce
A complicare ulteriormente lo scenario, nelle stesse ore è arrivata la rinuncia di Alfredo Scaccia al ruolo di portavoce di Lovati, a poco più di 24 ore dalla nomina.
Scaccia, in un video diffuso online, ha spiegato la sua decisione come una scelta obbligata dopo alcune “sortite pubbliche” che hanno riportato alla luce sue vicende personali passate.
“Mi impongono una repentina marcia indietro”, ha dichiarato, prendendo le distanze dal clamore mediatico che la sua presenza aveva generato.
Una mossa che, agli occhi di molti, riflette il clima di tensione e incertezza che aleggia attorno a questa inchiesta bresciana, destinata ad allargarsi ancora.

