San Donà di Piave, tragedia al bar Armony: ‘Mi sento male‘
Si è accasciato davanti a una quindicina di clienti, dopo aver pronunciato solo tre parole:
«Mi sento male».
È morto così Fabio Ferrazzo, 63 anni, titolare con la moglie Luana Zorzetto del bar-pizzeria Armony in via della Ferriera, a San Donà di Piave.
L’uomo ha avuto un malore improvviso mentre tentava di difendere la moglie da due clienti molesti che l’avevano importunata nella serata di venerdì 10 ottobre, poco dopo le 22:30.
Nel locale erano presenti numerosi membri del “Paci Karate Club”, l’associazione sportiva di cui Ferrazzo era vicepresidente e figura di riferimento.
La serata era iniziata come una cena tra amici, finita invece in una tragedia che ha sconvolto l’intera comunità.
La lite e il malore improvviso: cosa è successo al bar-pizzeria Armony
Secondo le testimonianze raccolte, due uomini sarebbero entrati nel locale con atteggiamento molesto e avrebbero rivolto frasi sgradevoli alla barista, ignari che si trattasse della moglie del titolare.
Ferrazzo, seduto a un tavolo con alcuni amici, si è alzato per invitare i due clienti a smetterla, cercando di riportare la calma.
Ne è nato un alterco verbale.
Le parole si sono fatte più dure, poi improvvisamente Fabio Ferrazzo ha detto “Mi sento male” e si è accasciato a terra.
Alcuni presenti, tra cui un’infermiera e un amico, hanno provato disperatamente a rianimarlo.
L’ambulanza è arrivata da Jesolo circa venti minuti dopo, ma non c’è stato nulla da fare.
I due clienti si sarebbero allontanati subito dopo l’accaduto, mentre la sala, attonita, si è trasformata in un luogo di silenzio e lacrime.
Disposta l’autopsia: la Procura vuole chiarire se la lite abbia causato la morte
In un primo momento il medico del 118 aveva ipotizzato una morte naturale, forse dovuta a un arresto cardiaco improvviso.
Ma la Procura di Venezia, su richiesta del magistrato Giorgio Gava, ha disposto l’autopsia per accertare le cause esatte del decesso.
L’obiettivo è capire se la tensione della lite possa aver contribuito al collasso.
I funerali, inizialmente fissati per mercoledì, sono stati sospesi in attesa dei risultati dell’esame autoptico.
Nel frattempo, amici e clienti hanno lasciato fiori e messaggi davanti all’insegna del bar Armony, chiuso nel rispetto del dolore della famiglia.
Chi era Fabio Ferrazzo: maestro di karate e simbolo di San Donà”
Per chi lo conosceva, Fabio Ferrazzo non era solo il titolare di un locale.
Era un maestro di karate, cintura nera quinto dan, allievo storico del fondatore Zeffiro Massimo Gallo, detto “Paci”.
Il Paci Karate Club era per lui una seconda casa, un luogo in cui trasmetteva ai più giovani valori di rispetto, disciplina e gentilezza.
Originario di Mestre, si era trasferito a San Donà di Piave all’età di sette anni.
Da dodici anni gestiva con la moglie il bar-pizzeria Armony, dopo aver condotto per quasi vent’anni il locale “Al Portico” di Ceggia.
Appena pochi mesi fa, il 27 giugno, aveva festeggiato i suoi 63 anni proprio all’Armony, tra amici, pizza e una torta con la sua foto in karategi, l’uniforme bianca del karate.
Il ricordo della figlia e della comunità: «Era il nostro punto di riferimento
«Era un papà affettuoso, il migliore che si possa avere» racconta la figlia Elena.
«Trovava sempre una soluzione per tutto, era un punto di riferimento per la nostra famiglia e per il gruppo del karate. Amava gli animali, la barca, la sua Harley-Davidson. Ma sopra ogni cosa amava il karate e i suoi allievi».
Lo ricorda anche Gabriella Barbini, del Paci Karate Club:
«Fabio era una colonna portante della nostra associazione. Per lui il karate non era solo sport, ma cultura e modo di vivere. Sempre sorridente, sempre pronto ad aiutare».
A San Donà, dove tutti lo conoscevano, la notizia ha lasciato un vuoto profondo.
«Era un uomo buono — racconta un vicino —. È morto come ha vissuto: difendendo chi amava».
Un addio sospeso e una comunità che si stringe nel dolore
L’autopsia deciderà quando sarà possibile celebrare i funerali di Fabio Ferrazzo.
Nel frattempo, la comunità del Sandonatese si è stretta attorno alla moglie Luana e alla figlia Elena.
In molti lo ricordano come “l’uomo del sorriso gentile”, capace di affrontare ogni situazione con calma e determinazione, lo stesso spirito che lo ha portato — fino all’ultimo istante — a intervenire per proteggere gli altri.
Una morte improvvisa e silenziosa, ma che lascia dietro di sé un’eco di coraggio, amore e dignità.