Linea paterna compatibile, ma nessun nome: DNA non attribuibile
Nell’incidente probatorio sul caso di Chiara Poggi, la genetista Denise Albani ha rilevato «rilevanti criticità» sul DNA maschile, misto e parziale, trovato sulle unghie della vittima. La compatibilità genetica riguarda la linea paterna di Andrea Sempio, ma non consente identificazione univoca.
La perizia specifica che l’analisi del cromosoma Y «non è, per sua natura, identificativa» e non permette di stabilire come, quando e perché il materiale biologico sia stato depositato. Possibili scenari come trasferimento secondario, contaminazione ambientale o contatto diretto restano «solo suggestivi senza un contesto informativo più ampio».
Criticità tecniche e campioni esauriti
Ulteriore nodo metodologico: i margini ungueali erano stati interamente consumati nella perizia del 2014 a cura di Francesco De Stefano, quando l’indagine su Sempio non esisteva. L’attuale analisi è quindi solo documentale e non replicabile.
La Albani chiarisce che le tre sessioni di tipizzazione del cromosoma Y non possono essere considerate repliche scientifiche, ma «risultanze indipendenti» prive di un profilo consenso. Per questo la compatibilità genetica è definita con supporto statistico «moderatamente forte/forte e moderato», non conclusivo.
Un ulteriore limite riguarda l’assenza di un database genetico locale, condizione che costringe a lavorare sulla popolazione mondiale e sull’area europea occidentale, rendendo i dati statisticamente «sottostimati». Pur disponendo del database più esteso, mancano parametri specifici relativi alla popolazione di Garlasco.
Scontro tra consulenti: per la difesa i dati restano “non processabili”
Secondo la perita, i risultati delle precedenti tracce genetiche non possono considerarsi «consolidati né affidabili». La compatibilità riguarda dunque la linea maschile Sempio, ma non individua un soggetto determinato.
Il nuovo atto, depositato ieri, apre inevitabilmente allo scontro tra consulenti: la difesa Sempio e i legali della famiglia Poggi hanno sempre sostenuto la natura «non utilizzabile» e «processualmente nulla» del DNA residuo trattato nel 2014.

