Georgiana Buloi e la mammaGeorgiana Buloi e la mamma

La morte di Georgiana: un giallo che lascia troppi interrogativi

La fine di Georgiana Buloi, 26 anni, resta avvolta nell’ombra. Due giorni dopo essere stata recuperata nel Piovego, all’altezza del ponte dei Grassi a Padova, la giovane è morta in ospedale senza che qualcuno, finora, abbia saputo spiegare cosa sia accaduto nei minuti che hanno preceduto la caduta in acqua. La Procura ha disposto l’autopsia. La madre, Simona, chiede una cosa soltanto: “Voglio sapere cos’è successo a mia figlia”. Sotto choc anche la sorella e il fratellino.

Il ritrovamento nel canale: nessuna telecamera, nessun testimone

È il primo pomeriggio di giovedì 20 novembre quando un passante nota un corpo immobile nel Piovego. Scattano i soccorsi, i vigili del fuoco la tirano fuori dall’acqua, il Suem 118 tenta disperatamente di rianimarla. Georgiana viene trasferita d’urgenza all’ospedale Sant’Antonio, dove muore due giorni dopo per un quadro clinico considerato sin da subito gravissimo.

La famiglia riferisce che in quel tratto non vi sarebbero telecamere. E nessuno, finora, ha raccontato di aver visto la giovane nei momenti immediatamente precedenti alla caduta.

La mattina della scomparsa: un prelievo, una preghiera e poi il vuoto

La ricostruzione delle ultime ore di Georgiana Buloi è puntuale fino a un certo punto. La sera prima, cena tranquilla a casa, nella nuova abitazione alla Guizza. Gioca col fratellino, conversa con la madre. Nulla che lasci presagire un dramma.

Il mattino del 20 novembre, alle 11.00, esce per andare in banca a fare un prelievo. Non lavora: è in malattia da dieci giorni per un generale senso di debolezza. Alle 11.30, scrive un messaggio alla sorella maggiore: passerà alla Basilica del Santo, come spesso faceva, per pregare.

Dopo quell’orario, il silenzio. Poco dopo le 13, viene vista in acqua. Nessuno sa cosa sia successo nel frattempo.

Il rapporto difficile con l’ex: “Da mesi aveva paura di lui”

Un dettaglio che la madre ripete, tra lacrime e incredulità, riguarda la relazione conclusa a settembre. “Da maggio diceva alle amiche che voleva lasciarlo, ma aveva paura della sua reazione”, racconta Simona. A settembre ha trovato il coraggio di interrompere il rapporto. “Mi ha detto che era stata lei a lasciarlo ed era tranquillo ma era agitata”. Poi lui torna sotto casa con fiori e cioccolatini.

“Ma Georgiana non uscì“ – ha riferito la Vita in diretta del 1° dicembre. “Non aveva motivi per togliersi la vita. A casa andava tutto bene così come a lavoro. Vorrei capire cosa è successo quella mattina e se ha litigato con qualcuno. Il cellulare. Una persona non può fare progetti e poi una mattina non torna più a casa. Non accuso nessuno ma voglio sapere se c’è qualcosa che non va. L’ultimo messaggio e con chi ha parlato” – ha aggiunto mamma Simona.

Gli oggetti scomparsi: il telefono e la collanina

A inquietare la famiglia ci sono anche due assenze: il cellulare e la collanina che Georgiana aveva acquistato come regalo dopo aver passato l’esame di guida. Sono caduti in acqua o qualcuno li ha presi? Domande aperte, che pesano come macigni. Georgiana stava vivendo un momento apparentemente sereno della sua vita. Lavorava nell’amministrazione di una casa di cura con contratto tempo indeterminato. Aveva acquistato da poco casa nel quartiere della Guizza, aveva conseguito la patente e si apprestava ad acquistare un’auto. La 26enne inoltre portava al polso un orologio smart. “Per il fratellino era una mamma, non l’avrebbe mai lasciato”.

Il dolore della madre: “Perché mia figlia non tornerà più a casa?”

Quando sono arrivata in ospedale mi è crollato il mondo addosso”, racconta Simona. “Non capisco. In questo periodo era serena. Voglio sapere, voglio la verità”. L’appello è diretto, accorato, disperato: “Se qualcuno ha visto qualcosa, vi prego, si faccia avanti”.

L’appello finale: chi ha visto parli

Chiunque abbia notato movimenti sospetti tra la tarda mattina e il primo pomeriggio del 20 novembre, chi abbia incrociato Georgiana o possa fornire dettagli sugli attimi prima della caduta, può fare la differenza.

Una testimonianza potrebbe restituire dignità, verità e giustizia per una giovane vita spezzata troppo presto.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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