L'uomo è stato salvato all'ospedale Santa Chiara di TrentoL'uomo è stato salvato all'ospedale Santa Chiara di Trento

Una corsa contro il tempo dopo il pranzo di Natale

Un pranzo delle feste trasformato in un incubo. È accaduto a Trento, il giorno di Santo Stefano, quando un uomo di 77 anni è stato ricoverato d’urgenza all’ospedale Santa Chiara in condizioni disperate. Dopo un pasto particolarmente abbondante a base di lenticchie , l’uomo ha accusato violenti conati di vomito che hanno provocato una lesione gravissima all’esofago, con conseguente diffusione del contenuto gastrico nel torace. Un quadro clinico rarissimo e ad altissimo rischio di mortalità.

La diagnosi: una sindrome rarissima e spesso fatale

I sanitari hanno riconosciuto subito la gravità del caso: si trattava della cosiddetta sindrome di Boerhaave, una perforazione spontanea dell’esofago che può insorgere dopo uno sforzo violento, come un vomito intenso. In questi casi la mortalità può superare l’80% se non si interviene tempestivamente.

L’uomo era in condizioni critiche e l’unica possibilità di salvezza era un intervento chirurgico immediato. A quel punto è scattata una vera e propria corsa contro il tempo.

Il chirurgo rientra dalle ferie per salvare il paziente

A essere chiamato è stato il dottor Alberto Brolese, direttore della Chirurgia generale 2 dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Il medico si trovava in Veneto per le festività, ma non ha esitato un istante: ha preso l’auto ed è rientrato in ospedale affrontando oltre 200 chilometri.

Durante il viaggio, tra code e traffico festivo, ha persino utilizzato le quattro frecce e il tesserino professionale per farsi aprire un varco, fino a essere scortato dalla polizia stradale. Una volta arrivato, è entrato immediatamente in sala operatoria.

Un intervento lungo e complesso

L’operazione è durata oltre quattro ore. I chirurghi hanno dovuto rimuovere il materiale alimentare fuoriuscito nell’area toracica – le lenticchie – e ricostruire la parete dell’esofago, evitando una setticemia che sarebbe stata fatale. Fondamentale anche il supporto dell’équipe anestesiologica e rianimatoria.

«Era una situazione limite – ha spiegato Brolese –. In casi come questo ogni minuto può fare la differenza tra la vita e la morte».

Le parole del medico: “Il dovere viene prima di tutto”

Il chirurgo ha raccontato di non aver esitato un attimo a interrompere le ferie:
«Fare il medico significa assumersi una responsabilità totale. Quando sai che una persona può morire senza il tuo intervento, non esiste alternativa».

Il caso, per complessità e tempestività, è destinato a entrare nella letteratura medica. Non è escluso che venga utilizzato come esempio di gestione d’emergenza nei manuali di chirurgia.

Il messaggio ai cittadini: attenzione a tavola

Il dottor Brolese ha voluto lanciare anche un messaggio di prevenzione:
«Durante le festività si tende a esagerare. Eccessi alimentari, cibi troppo pesanti, alcol e abbuffate possono avere conseguenze gravissime, soprattutto negli anziani. Mangiare lentamente, masticare bene e ascoltare il proprio corpo può letteralmente salvare la vita».

Una storia di sanità che funziona

Il paziente è ora in miglioramento e fuori pericolo. Una vicenda che, oltre alla drammaticità, racconta il volto migliore della sanità pubblica: professionalità, dedizione e senso del dovere che vanno oltre gli orari, le festività e le difficoltà personali.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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