Perché i consulenti di Robert Kennedy Jr stanno valutando lo stop della vaccinazione per l’epatite ai neonati
L’ipotesi che negli Stati Uniti possa essere rivista la vaccinazione universale contro l’epatite B nei neonati continua a generare polemiche nella comunità scientifica. Secondo quanto riportato dalla stampa americana, i consulenti del segretario alla Salute Robert Kennedy Jr starebbero considerando un cambiamento radicale delle attuali raccomandazioni, valutando presunti legami con l’aumento di allergie e malattie autoimmuni.
La posizione di Bassetti: “Populismo, non scienza”
L’infettivologo Matteo Bassetti definisce questa direzione “ideologica e populista”. “La vaccinazione contro l’epatite B previene il cancro, come quella dell’Hpv che è in grado di prevenire l’infezione da Papillomavirus. Quindi la scelta di Kennedy Jr è proprio quella di andare contro tutto quello che si è riuscito a fare molto bene fino a oggi”. Per il medico, si tratterebbe di una decisione “che rischia di riportare indietro di anni la tutela sanitaria”.
Ricciardi: “Il virus è ancora pericoloso”
Preoccupazione anche da parte del professor Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università Cattolica di Roma, che ricorda come il virus dell’epatite B “resti pericoloso e privo di una terapia risolutiva”. L’immunizzazione, ribadisce, “è l’unico strumento efficace per proteggere la popolazione”, e una sua abolizione sarebbe “una scelta antiscientifica e pericolosa”.
Secondo Ricciardi non è ancora chiaro se la revisione statunitense riguarderebbe soltanto le tempistiche o un vero smantellamento dell’obbligo vaccinale: “Qualunque sia l’intenzione, è fondamentale non mettere a rischio una strategia che ha salvato milioni di vite”.
Perché la vaccinazione resta fondamentale
Ad oggi è “difficile dire quanto possa essere motivato un eventuale stop alla vaccinazione universale contro l’epatite B nei neonati negli Usa. Uno schema vaccinale che prevede la prima dose alla nascita, diverso da quello che applichiamo in Italia, e che aveva permesso oltreoceano di ridurre del 95% le malattie.
E forse trovava giustificazione nella presenza di diversi gruppi di popolazione ad alto rischio per
epatite B negli Stati Uniti”. Solo “il tempo”, però, “potrà dirci se si tratta di una scelta giusta e anche se riusciranno a mantenere comunque l’immunizzazione con schemi vaccinali diversi”. Così all’Adnkronos Salute Gianni Rezza, professore straordinario di Igiene e Sanità pubblico all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

