Fallou SallFallou Sall

La sentenza del Tribunale dei minori di Bologna

Undici anni e sei mesi di reclusione. È la condanna inflitta dal Tribunale per i minorenni di Bologna al ragazzo che, all’epoca dei fatti sedicenne, uccise a coltellate Fallou Sall, anche lui di 16 anni, il 4 settembre 2024 in via Piave, alla periferia del capoluogo emiliano. A pronunciarsi è stato il collegio presieduto dalla presidente Gabriella Tomai, al termine di un processo celebrato con rito ordinario.

Una sentenza che ha immediatamente acceso polemiche, dolore e indignazione, soprattutto tra i familiari della vittima. La Procura per i minorenni, con la pm Caterina Salusti, aveva chiesto una pena ben più severa: 21 anni complessivi, di cui 14 per l’omicidio, 6 per il tentato omicidio e 1 per il porto abusivo del coltello.


Le parole durissime del padre di Fallou

A colpire più della sentenza sono state le parole del padre di Fallou, pronunciate a caldo fuori dall’aula di tribunale.
«Sappiate che in Italia la pena per omicidio è di 10-11 anni. Omicidio, non tentato omicidio. Questo è un bell’insegnamento per i nostri figli. Vergogna», ha detto con voce spezzata ma ferma.

Una dichiarazione che sintetizza lo smarrimento di una famiglia che ha perso un figlio adolescente e che oggi fatica a comprendere il senso di una pena ritenuta non proporzionata alla gravità del delitto.


Il delitto: Fallou ucciso mentre difendeva un amico

Secondo quanto ricostruito in aula, Fallou Sall intervenne per difendere un amico bengalese di 17 anni, coinvolto in alcuni screzi con l’imputato. La lite degenerò rapidamente: il giovane aggressore estrasse un coltello e colpì Fallou più volte, uccidendolo. L’amico rimase ferito gravemente.

Per questo episodio l’imputato rispondeva anche di tentato omicidio, reato successivamente derubricato in lesioni gravi, oltre al porto abusivo di arma da taglio.


Le accuse ridimensionate e la linea difensiva

Uno dei punti più controversi della sentenza riguarda proprio la riqualificazione del tentato omicidio. Il collegio ha accolto in parte la tesi difensiva, ridimensionando l’impianto accusatorio iniziale. L’avvocato dell’imputato, Pietro Gabriele, aveva chiesto addirittura l’assoluzione, invocando la legittima difesa, tesi respinta ma che ha contribuito a una significativa riduzione della pena.

Il 17enne bengalese, inizialmente imputato per lesioni e molestie telefoniche, ha invece ottenuto la messa alla prova, con conseguente stralcio della sua posizione.


Il papà di Fallou Sall
Il papà di Fallou Sall

La reazione della famiglia: “Pena incomprensibile”

Durissima anche la posizione dell’avvocata Loredana Pastore, che assiste i genitori di Fallou, Danila e Mou, presenti a tutte le udienze.
«Siamo senza parole. Non comprendiamo l’entità della pena, che non è commisurata a nulla», ha dichiarato. «Confidiamo nell’appello della Procura, che sicuramente interverrà».

Un appello che appare ormai scontato e che potrebbe riaprire il capitolo giudiziario di una vicenda diventata simbolo del dibattito sulla giustizia minorile, sulle pene per i reati violenti e sul messaggio che lo Stato manda alle nuove generazioni.


Una ferita aperta per la città

Fallou Sall aveva 16 anni ed è morto cercando di proteggere un amico. La sua storia resta una ferita aperta per Bologna e per chi chiede che la giustizia, anche quando giudica un minorenne, sappia riconoscere fino in fondo il peso irreversibile di una vita spezzata.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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