Sulla vicenda indaga la Procura dei minori di TorinoSulla vicenda indaga la Procura dei minori di Torino

Che cosa è successo a Moncalieri la notte di Halloween

Moncalieri, cintura sud di Torino. Dove doveva esserci una festa, si è consumato un incubo. Un ragazzino di 15 anni, con disagio cognitivo certificato, viene convinto da un compagno di classe a non tornare a casa dal nonno. Nessuna maschera, nessun scherzo innocente: inizia la notte della violenza. Tre adolescenti – due ragazzi di 14 e 15 anni e una ragazza di 16 che avrebbe avuto un ruolo marginale – già noti per atti vandalici, lo attirano in un appartamento sconosciuto. Da quel momento, il buio.

Il sequestro: chiuso in una stanza, deriso, colpito da tre coetanei

Secondo la denuncia presentata dalla madre, il ragazzo viene chiuso in una stanza. Lo insultano, lo intimidiscono. Gli rasano le sopracciglia, gli tagliano ciocche di capelli come un trofeo. Gli spengono una sigaretta sulla caviglia. Lo filmano. Ogni gesto, ogni umiliazione viene ripresa con lo smartphone: un trofeo digitale da esibire. La stanza diventa cella, la festa si trasforma in camera di tortura.

Perché lo portano fino al fiume Dora?

La notte non è ancora finita. I tre lo trascinano fuori, lo costringono a spogliarsi. Gli puntano contro un cacciavite. Lo spingono verso la Dora, le acque gelide di novembre. “Buttati”. Lui obbedisce. Tremante, ricoperto di freddo e vergogna, riemerge tra le risate degli aguzzini. Sul ponte, i ragazzi lo guardano dall’alto, come spettatori di uno spettacolo crudele. La tortura prosegue con il getto di acqua fredda da una fontanella. Ed ancora sputi e angherie.

Chi sono i responsabili

I tre adolescenti non sono nomi nuovi per le forze dell’ordine. Piccoli precedenti, vandalismi, atteggiamenti di prevaricazione. La Procura dei minori di Torino ha aperto un fascicolo per sequestro di persona e violenza privata. Non si esclude l’aggravante della tortura e pare che i genitori abbiano presentato un ulteriore denuncia per abusi. I cellulari dei ragazzi sono stati sequestrati: gli inquirenti cercano i video, che potrebbero già essere circolati online. Un dettaglio agghiacciante che rende la violenza ancora più disumana: non solo fare del male, ma mostrarlo.

La fuga e il silenzio: la colazione dopo la notte dell’orrore

All’alba, come se nulla fosse accaduto, i due ragazzi conducono la vittima in un bar. Gli offrono una colazione. Un gesto paradossale, quasi beffardo. Poi lo lasciano alla stazione di Porta Nuova, gli restituiscono il telefono. È lì che il ragazzo, tremante, chiama sua madre. Non parla. Piange. E solo dopo ore trova la forza di raccontare.

Che cosa hanno raccontato i genitori? La vittima ascoltata in audizione protetta

La madre, sconvolta, decide di denunciare tutto pubblicamente. La donna è incinta e in attesa del terzo figlio. Scrive su un gruppo social di Moncalieri. Racconta della sigaretta spenta sulla pelle del figlio, dei capelli tagliati, dell’acqua gelida del fiume. Dice che il ragazzo non riesce a dormire, che ha rifatto il racconto tre volte davanti alle forze dell’ordine, in audizione protetta. Ogni parola è una ferita. É stato ascoltato in audizione protetta.

Come procede l’indagine della Procura di Torino?

La Procura dei minori procede per sequestro di persona e violenza privata. Possibili ulteriori reati: lesioni, tortura, diffusione di materiale sensibile. Gli smartphone sequestrati saranno analizzati per verificare la presenza di video, foto, chat legate all’aggressione. Gli inquirenti vogliono capire se il gesto sia stato pianificato, se ci siano stati altri episodi. La baby gang è già conosciuta nella cintura sud di Torino: paesi che vivono tra paura e rabbia.

Moncalieri sotto shock: quali sono le reazioni?

La comunità di Moncalieri è sconvolta. Non si tratta di una bravata, non di uno scherzo di Halloween degenerato. È un atto di violenza premeditata, feroce, contro il più fragile. “Non è possibile che dei ragazzi così giovani possano arrivare a tanto”, dicono i residenti. Le scuole parlano di educazione al rispetto, ma molti genitori hanno paura. Paura che questo silenzio, questa indifferenza, possa replicarsi altrove.

Cosa resta, adesso?

Resta un ragazzo di 15 anni che dovrà ricostruirsi. Resta una madre che non smette di chiedersi perché. Resta una Procura che cerca la verità nei video, nei telefoni, nei silenzi. E resta una domanda: com’è possibile che tre adolescenti abbiano visto nella fragilità non qualcosa da proteggere, ma un bersaglio?

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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