Raffaele SollecitoRaffaele Sollecito

“Assolto ma non libero”: Raffaele Sollecito si confessa su TikTok

«Ci sono storie che non finiscono, anche quando la giustizia dice che sei innocente. La mia è così».
Con queste parole Raffaele Sollecito torna a parlare del caso Meredith Kercher, a quasi 18 anni dal delitto di Perugia.

In un video pubblicato su TikTok – rilanciato anche dal sito di Repubblica – l’ex studente pugliese riflette sul peso dell’assoluzione e sullo stigma che, dice, «nessuna sentenza può cancellare».


“La mia assoluzione non mi ha liberato, vivo nella prigione del giudizio”

Nel suo messaggio Sollecito parla con tono pacato ma fermo:

«In un mondo come questo, una sentenza di assoluzione non ti libera, ma spesso ti porta in una nuova prigione: quella del giudizio nello sguardo delle persone».

L’ingegnere racconta come la sua vita sia ancora segnata dal pregiudizio:

«Ancora oggi mi sento costretto a dimostrare di non essere quello che hanno raccontato di me. Mi capita di sentirlo negli sguardi, nei bar, per strada, ovunque».


Il paragone con il caso Garlasco

Nel video, Sollecito fa anche un riferimento al caso di Garlasco, dove le recenti inchieste hanno riaperto l’attenzione mediatica.

«Lo sto vedendo di nuovo nel caso Garlasco, e la cosa mi intristisce molto. Viviamo in un mondo in cui si censurano battute verso le minoranze, ma si può facilmente rovinare la vita di un innocente e poi far finta di nulla».

Un parallelismo che, secondo Sollecito, mostra come l’opinione pubblica e i media continuino spesso a formare giudizi prima della verità giudiziaria.


Il marchio indelebile: “Non è una colpa, ma uno stigma”

Raffaele Sollecito non nasconde l’amarezza per un’etichetta che, a suo dire, non lo abbandonerà mai:

«Il marchio che mi porto addosso non è una colpa, ma uno stigma. E quello non te lo toglie nessuna sentenza, nemmeno una di assoluzione».

E aggiunge:

«Di fatto, oggi il politicamente corretto difende tutto e tutti, tranne chi non ha fatto nulla».


Dal caso Kercher all’assoluzione definitiva

Sollecito venne arrestato nel 2007, insieme ad Amanda Knox, nelle prime fasi delle indagini per l’omicidio di Meredith Kercher, studentessa britannica trovata senza vita nella casa di via della Pergola a Perugia.

Dopo una lunga vicenda giudiziaria durata anni – con condanna in primo grado, assoluzione in appello, annullamento con rinvio e nuovo processo a Firenze – la Corte di Cassazione lo assolse definitivamente, riconoscendo la totale estraneità ai fatti.

L’unico condannato rimasto per il delitto è Rudy Guede, che ha scontato la pena.


“Continuo a vivere con lo sguardo degli altri addosso”

Nel video, Sollecito conclude con una riflessione personale:

«Ancora oggi mi capita di leggere nello sguardo delle persone un atteggiamento di voler sapere o conoscere cose che non sanno di me. E allora cerco di colmare quella distanza tra chi sono e quello che vedono negli occhi di chi mi circonda».

Parole che rivelano un dolore ancora vivo, quello di chi – pur assolto – si sente ancora imprigionato nel giudizio degli altri.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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