Sergio ResinovichSergio Resinovich

Sergio Resinovich rompe il silenzio con accuse gravi contro il tecnico anatomopatologo che, nei giorni scorsi, ha affermato di essere l’autore della frattura rilevata sul corpo di Liliana Resinovich. Il tecnico ha riferito di poter aver causato la frattura dorsale di T2 alla donna durante l’esame post mortem. Di fronte a queste dichiarazioni il fratello della vittima ha lanciato un’accusa durissima: «È un fantoccio pericoloso e va licenziato».

Secondo il fratello di Lilly, quel che l’operatore ha raccontato avrebbe dovuto essere segnalato immediatamente agli inquirenti, non raccontato ai giornali solo dopo il suo esposto all’Ordine dei Medici. «Perché parla solo ora? Chi vuole coprire?» si chiede, denunciando un sospetto di depistaggio.


‘Parla di dettagli che non esistono’

Resinovich contesta la veridicità di quelle frasi: «Parla di fatti mai annotati, mai segnalati in verbale. Durante l’autopsia c’erano più professionisti, compresi i miei consulenti tecnici, e nessuno ha mai riferito di una frattura. È impossibile che conoscesse dettagli mai registrati».

Il fratello critica inoltre l’immagine che emerge dalle parole dell’anatomopatologo: «Tratta Liliana come un manichino da spezzare, come se i cadaveri fossero pupazzi. È inaccettabile».


Chiamata agli ispettori e nuova segnalazione in Procura

Di fronte a presunte “anomalie e superficialità”, Sergio chiede un intervento ispettivo ministeriale per verificare procedure e responsabilità. Parallelamente, ha depositato un’ulteriore segnalazione in Procura: «È emerso che, in un giorno in cui il marito Sebastiano era lontano, qualcuno entrò in casa senza forzature. Chi aveva le chiavi? Chi copre questa persona?».

Per il fratello, la frattura vertebrale è un dettaglio trascurabile rispetto al quadro complessivo delle lesioni, compatibili solo con un’aggressione. «Liliana prima è stata picchiata, poi uccisa. La verità non passerà da una vertebra: serve identificare chi era con lei quella notte».


Una verità che non può più attendere

A ormai tre anni dal ritrovamento, la famiglia Resinovich reclama chiarezza. «Basta fango e ritardi», conclude Sergio, «chiediamo di chiudere il cerchio rapidamente: la nostra attesa è diventata un inferno».

Il caso resta aperto: dalle indagini sulle lesioni al mistero degli ospiti segreti in casa, ogni nuovo sviluppo rischia di cambiare le carte in tavola. Per la famiglia, l’auspicio è che la giustizia non si perda in cavilli, ma arrivi in fretta e restituisca a Liliana la dignità negata.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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