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La Cassazione conferma la semilibertà per Alberto Stasi

La Corte di Cassazione ha confermato la misura della semilibertà per Alberto Stasi, condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007 a Garlasco.
Con una sentenza depositata lo scorso 1° luglio, la Prima sezione penale (presidente Giuseppe Santalucia) ha respinto il ricorso della Procura generale di Milano, che chiedeva di revocare il beneficio.

Al centro della contestazione, un’intervista televisiva rilasciata da Stasi durante un permesso premio concesso nel marzo 2025. Secondo l’accusa, il detenuto avrebbe approfittato della temporanea libertà per “costruirsi una tribuna pubblica” e influenzare l’opinione sull’omicidio per cui è stato condannato.


La Suprema Corte: “Percorso trattamentale positivo”

Per la Cassazione, tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza ha agito correttamente nel riconoscere la semilibertà.
Nelle motivazioni, i giudici sottolineano che la decisione è “scrupolosamente motivata e immune da vizi logici”, riconoscendo a Stasi una progressiva risocializzazione “pienamente convalidata da tutti gli operatori penitenziari”.

Il Tribunale — scrivono i giudici supremi — ha valutato “in chiave trattamentale” anche l’episodio dell’intervista, ritenendo che il suo contenuto non violasse le prescrizioni del permesso premio né rappresentasse un ostacolo al percorso di recupero in corso.


“Criticità residue, ma non tali da impedire il beneficio”

Nelle motivazioni della sentenza si legge ancora che il Tribunale “non ha sottaciuto alcune criticità residue di personalità”, legate alla “tendenza dell’interessato ad autoproteggersi e a costruire un’immagine positiva di sé”.
Tuttavia, la Cassazione spiega che tali tratti non risultano “di gravità tale da precludere l’ammissione alla misura alternativa”.

Il percorso di Stasi, aggiunge la Corte, deve comunque essere sottoposto a “verifiche ulteriori e concrete”, in una prospettiva di recupero graduale dell’autostima.


Le accuse della Procura generale di Milano

Nel ricorso respinto, la Procura sosteneva che la Sorveglianza non avesse valutato adeguatamente la presunta infrazione commessa durante il permesso, né le “criticità personologiche” già emerse in passato.
Secondo l’accusa, il condannato avrebbe sfruttato l’occasione per ottenere visibilità mediatica, proprio mentre erano in corso nuove indagini preliminari sul delitto di Garlasco, riaperte a carico di Andrea Sempio.

Ma per la Cassazione, la decisione del Tribunale di Sorveglianza è “non lacunosa, coerente e immune da contraddizioni”: le condotte di Alberto Stasi non sono state tali da compromettere il suo percorso di reinserimento.


Un caso che continua a dividere

A quasi vent’anni dall’omicidio di Chiara Poggi, la figura di Alberto Stasi continua a dividere l’opinione pubblica.
Condannato in via definitiva nel 2015 dopo una lunga e controversa vicenda giudiziaria, l’ex studente di economia sta scontando la pena in regime di semilibertà, lavorando all’esterno del carcere e rientrando ogni sera nella struttura penitenziaria.

Con la sentenza della Cassazione, il percorso di reinserimento di Stasi riceve ora una conferma formale.
Resta però alta l’attenzione sull’equilibrio tra diritto al recupero e memoria della vittima, un tema che continua a sollevare domande profonde su giustizia e reintegrazione.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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