Una battaglia di principio e di giustizia
Non è stato soltanto un maestro d’orchestra e un volto amatissimo della musica italiana: Beppe Vessicchio è stato anche un pioniere nella difesa dei diritti degli artisti.
Il 3 agosto 2023, infatti, il Tribunale di Roma gli ha dato ragione in una causa contro la Rai, riconoscendogli il diritto al compenso per le musiche da lui composte e interpretate per il celebre programma “La Prova del Cuoco”.
Un verdetto che gli addetti ai lavori hanno subito definito “la sentenza Vessicchio”, destinata a cambiare la storia della gestione dei diritti connessi nel panorama televisivo italiano.
La disputa con la Rai
Al centro della controversia vi era una questione complessa ma fondamentale: la Rai non riconosceva a Vessicchio lo status di produttore fonografico, sostenendo che le sigle musicali del programma non fossero destinate alla distribuzione discografica, e quindi non soggette a compensi fonografici.
Il Tribunale ha ribaltato questa posizione, stabilendo che anche le registrazioni create esclusivamente per programmi televisivi costituiscono fonogrammi.
In altre parole, la musica trasmessa in TV genera diritti economici, indipendentemente dalla sua pubblicazione su CD o piattaforme digitali.
Una decisione di enorme rilievo, perché ha esteso la tutela dei diritti anche ai brani prodotti per la televisione, spesso esclusi dai compensi tradizionali.
Il riconoscimento economico e legale
Il Tribunale di Roma ha inoltre stabilito che alla Rai spetta il pagamento di un compenso pari all’1,5% dei ricavi lordi riferibili all’utilizzo dei fonogrammi.
In sostanza, ogni volta che una sigla o un tema musicale viene utilizzato o ritrasmesso, il produttore e gli artisti interpreti hanno diritto a una quota dei ricavi.
Un punto cruciale della sentenza è stato il riconoscimento che i contratti tra Vessicchio e Rai erano contratti di edizione – cioè di cessione dei soli diritti d’autore – e non contratti discografici.
Di conseguenza, i diritti fonografici restavano di proprietà del maestro, che ne manteneva pieno titolo.
Il commento del Nuovo Imaie: “Una svolta storica”
Il Nuovo Imaie (Nuovo Istituto Mutualistico Artisti Interpreti ed Esecutori), la principale società di gestione collettiva dei diritti connessi, definì la decisione “un verdetto storico”.
“È un passo fondamentale per la tutela del lavoro creativo e per il futuro degli artisti interpreti ed esecutori” – si legge nella nota ufficiale – “La sentenza conferma che anche le produzioni televisive generano compensi e che gli emittenti hanno l’obbligo di corrisponderli”.
La vittoria di Vessicchio, quindi, ha rafforzato la posizione di centinaia di musicisti e arrangiatori che operano dietro le quinte della televisione, troppo spesso privi di riconoscimento economico adeguato.
La visione del Maestro: il rispetto per chi crea musica
In un’intervista successiva al verdetto, Beppe Vessicchio aveva commentato con la sua consueta pacatezza:
“Questa vicenda non è solo una pagina di giurisprudenza, ma un segnale di rispetto per chi crea musica. È la dimostrazione che talento e lavoro meritano tutela, anche quando il palcoscenico è quello della televisione.”
Parole che oggi risuonano con ancora maggiore forza.
Per lui, la musica era una forma di verità, equilibrio e dignità professionale, valori che ha difeso fino all’ultimo.
Un’eredità che va oltre le note
La cosiddetta “sentenza Vessicchio” rappresenta oggi una pietra miliare per il diritto d’autore e connesso in Italia.
Non solo per l’aspetto legale, ma perché ha ridato voce a un principio fondamentale: chi crea, arrangia e interpreta musica ha diritto a essere riconosciuto e retribuito per il proprio lavoro, qualunque sia il mezzo di diffusione.
Con questa vittoria, il maestro ha scritto una pagina che unisce musica e giustizia, confermando ancora una volta la sua capacità di armonizzare talento, etica e cultura.

