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Chi non l’ha detto: sulle citazioni (sbagliate) su internet

Qualche tempo fa su Facebook circolava una citazione attribuita a Fedor Dostoevsky: “La tolleranza arriverà a un tale livello che alle persone intelligenti sarà vietato fare qualsiasi riflessione per non offendere gli imbecilli”. Ebbene la frase non sembra appartenere all’autore russo. Insomma nella sua opera non v’è n’è traccia. E’ sempre più frequente la condivisione di citazioni di questo tipo. D’altronde queste citazioni molto spesso vengono attinte da pagine esistenti su fb, per cui chi le condivide non si prende la briga di effettuare un controllo alla fonte.

Il fenomeno della falsa attribuzione in genere si sviluppa su questa falsariga: si attribuiscono le frasi di autori anonimi a qualche noto scrittore per darne maggiore rinomanza e quindi vengono condivise sul web, su una pagina facebook, etc. A questo punto può accadere che dopo essere stata condivisa su una pagina social, la frase come si usa dire, possa diventare virale. In particolare il fenomeno si è esteso anche a chi scrive libri, ovvero in alcuni casi gli scrittori attingono dal web le citazioni per nobilitare le proprie pagine, cadendo talvolta in errori madornali di attribuzione. Se si utilizza il web quale fonte informativa può accadere eccome.

Ma spesso talvolta non è neanche necessario che il grande autore esista, è sufficiente ad esempio attribuire la frase a un nome straniero inventato e la maggior parte delle persone non si periterà mica di andare a controllare, verificare e accertare la fonte. La citazione inventata di sana pianta così continuerà a circolare. Non è raro quindi che possa attribuirsi la paternità di frasi ad autori che non avrebbero mai pensato di scriverle. 

Citazioni errate: mala tempora currunt 

Quel che emerge di fondo è la sciatteria dei tempi moderni. Si tratta di una condivisione superficiale che non è preceduta da un attento vaglio delle fonti. D’altronde internet è una sorta di biblioteca moderna alla rinfusa, caotica e babelica, consultabile da chiunque. Molte di queste citazioni banalizzano il pensiero del loro autore o lo si adatta a se stessi, a una propria situazione.

La modalità di condivisione della citazione è spesso la seguente sui social: su fb e su social in genere compare l’immancabile foto del soggetto e la citazione sulla vita, come per ergersi a maestri di pensiero. E’ un modo di confezionare i post, per fare bella figura, poco importa che chi condivide la citazione è presumibile che neanche conosca l’autore della stessa né abbia mai letto un libro dell’autore che cita, ma può anche capitare che l’autore della citazione, come nel caso ad inizio articolo, sia del tutto incognito e allora gli si appioppa il nome di qualche insigne scrittore che plausibilmente potrebbe avere detto qualcosa del genere.

Un tempo si citavano gli autori che si conoscevano, di cui si era letto i libri, oggi invece si pesca sul web la citazione del momento più affine al nostro stato d’animo e a quel che vogliamo esprimere sul nostro post, conoscendo poco o nulla dei loro autori.

E’ la cultura dell’impressione, della superficialità che non passa al vaglio dell’approfondimento, della riflessione. Una cultura molto adatta a questi tempi. Andare a fondo delle cose comporta in effetti sempre fatica, approfondimento, studio, ricerca, oneri di cui nessuno vuole sobbarcarsi in questi tempi moderni che scorrono veloci come il mouse sulle immagini e i post su facebook. Chi ne avrebbe mai il tempo? 

Gli autori più citati in Italia 

In italia gli autori più notiziati su facebook e sui social in genere sono Bukowski, Il piccolo Principe di Antoine De Saint-Exupery, Alda Merini, Pasolini, Nietzsche. Anche Oscar Wilde, Albert Einstein, Jim Morrison sono discretamente saccheggiati. Una frase corrosiva dello scrittore americano è sempre posta a suggello di tutte le occasioni. La ragazza ti ha lasciato? un amico si è comportato male? Immancabilmente comparirà una citazione di Bukowski. Il capolavoro del Piccolo Principe finisce spesso nelle bacheche delle donne, che vi spigolano quelle più zuccherose. Al di là del valore poetico della sua opera, la Merini per le sue vicende di vita è stata circonfusa dall’aura di poeta maledetto che tanto ha presa ancora oggi anche su un pubblico massificato.

Pier Paolo Pasolini, che in Italia non gode di particolare fortuna presso il grande pubblico, sui social viene idoleggiato da una nutrita nicchia di lettori che vi dedicano pagine, riflessioni, letture a tema. Nietzsche lo si trova contrabbandato spesso su Facebook a suggellare l’immancabile foto di chi ha superato qualche duro scoglio nella vita e ne è uscito vittorioso. E’ curioso che l’autore di “Umano troppo umano”, spirito elitario spregiatore delle masse, sia finito per diventare uno dei protagonisti delle citazioni ad uso e consumo sui social, un pubblico massificato. Insomma una trasvalutazione di tutti i valori che il filosofo tedesco non poteva di certo prevedere. 

Citazioni false? Come evitare abbagli 

Ma cosa evidenzia questo atteggiamento? Un accostamento superficiale che i social incoraggiano, in cui non c’è mai tempo per l’approfondimento e la ricerca critica. Internet più che democratizzare la cultura, la banalizza ad uso e consumo della massa. Se dovessimo utilizzare la rete, quale vademecum per orientarci nel mondo della cultura, ci troveremmo dinanzi a molte indicazioni sbagliate, percorsi labirintici, vicoli ciechi, sentieri non percorribili e strade che non conducono a nulla. Pertanto il web è un luogo che ridonda di citazioni errate e di citazioni bufale.

Per evitarle basterebbe prendersi la briga di andare a controllare e a verificare, ovvero fare quel controllo delle fonti che è lavoro filologicamente imprescindibile per chiunque scriva, in qualsiasi ambito in cui ciò sia richiesto, dallo scrittore al giornalista, al professore, allo storico, al bibliotecario. Questi scrupoli filologici dovrebbero essere tenuti in conto anche da parte di chi pubblica un post sulla propria pagina Facebook. Non bisognerebbe mai dimenticare che dall’altra parte dello schermo, della pagina, c’è qualcuno che legge che merita rispetto.

Marco Troisi

Redazione
Redazione
Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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