In occasione della prima prova scritta di italiano – del 18 giugno 2025 – dell’Esame di Stato 2025, tra le tracce proposte agli studenti vi era un testo argomentativo (tipologia B, articolo 4) dedicato alla parola “rispetto”, scelta dall’Istituto Treccani come parola dell’anno 2024. Il brano, tratto da un articolo di Riccardo Maccioni pubblicato su Avvenire, invita a riflettere sul significato profondo del rispetto nella vita quotidiana e nei rapporti umani, come strumento di dialogo, inclusione e armonia sociale.
Di seguito viene proposto uno svolgimento completo della traccia dell’esame di maturità 2025, suddiviso in due parti: una prima sezione di comprensione e analisi del testo e una seconda di produzione personale, in cui si sviluppa un punto di vista critico e motivato sull’importanza del rispetto nel mondo contemporaneo.
Prima Parte: Comprensione e analisi del testo
Il brano proposto, tratto da un articolo di Riccardo Maccioni pubblicato su Avvenire, riflette sul valore e sull’attualità della parola “rispetto”, scelta dall’Istituto Treccani come parola dell’anno 2024. L’autore presenta il “rispetto” come un concetto fondamentale per la convivenza civile, capace di costruire relazioni solide e inclusive. Non si tratta solo di una forma di buona educazione, ma di un atteggiamento profondo, che implica ascolto, attenzione e riconoscimento dell’altro nella sua umanità.
Maccioni sostiene l’importanza del rispetto con vari argomenti. Innanzitutto, fa riferimento all’etimologia del termine respicere, che significa “guardare di nuovo”, suggerendo un invito a sospendere il giudizio e a considerare la storia, le battaglie interiori e la complessità delle persone prima di esprimere opinioni o condanne. In secondo luogo, sottolinea come il rispetto sia un antidoto alla violenza quotidiana, che si manifesta in molteplici forme: dall’insulto all’odio, passando per il disprezzo, l’indifferenza e la noncuranza.
Nel testo si fa esplicito riferimento a parole e atteggiamenti che negano il rispetto: il linguaggio aggressivo, l’insulto, il giudizio immediato e privo di empatia, la tendenza a escludere l’altro perché percepito come “diverso” o “indesiderato”. Sono segnali di una società che tende a disumanizzare invece che a includere, a distruggere invece che a costruire.
Per opporsi a questa deriva, Maccioni propone alcuni atteggiamenti concreti. Innanzitutto, la capacità di “guardare di nuovo”, cioè esercitare uno sguardo più profondo, consapevole e riflessivo. In secondo luogo, suggerisce di “allenarsi alla bellezza del prendersi cura”, cioè sviluppare un’attenzione autentica verso l’altro, fatta di ascolto, empatia e volontà di costruire una comunità fondata sull’armonia e sull’appartenenza. Le parole e anche il silenzio, se usati con consapevolezza, diventano strumenti di rispetto e di coesione.
Seconda Parte: Produzione – Sviluppo del punto di vista personale
Viviamo in un’epoca in cui la comunicazione è sempre più rapida, istintiva, digitale e spesso priva di filtri. In questo contesto, la parola “rispetto” assume un valore ancora più urgente. Sui social, nei dibattiti pubblici e persino nelle relazioni quotidiane, troppo spesso si assiste a esplosioni di aggressività, giudizi sommari, disprezzo verso ciò che non si conosce o non si comprende. Per questo, il rispetto non può essere considerato una semplice “buona maniera”, ma una vera e propria forma di resistenza civile.
Il rispetto è ciò che rende possibile il dialogo tra persone diverse per cultura, religione, opinioni politiche. È ciò che impedisce alla convivenza di trasformarsi in una guerra silenziosa. Personalmente, ho sperimentato quanto possa fare la differenza sentirsi ascoltati, considerati per ciò che si è, anche quando si commettono errori. Il rispetto non è un premio da meritare, ma un diritto da garantire a tutti, proprio perché tutti, in quanto esseri umani, portano con sé una storia che merita attenzione.
Tuttavia, rispettare non è facile. Richiede tempo, empatia, fatica mentale ed emotiva. Implica la capacità di trattenere un giudizio, di porsi domande, di mettersi nei panni dell’altro. È un esercizio di umiltà, che spesso va contro la cultura della prestazione e del successo personale. Ma è anche l’unica via per costruire relazioni autentiche e una società più giusta.
Oggi, in un mondo segnato da conflitti, discriminazioni e crisi ambientali, il rispetto diventa anche una questione politica e collettiva. Rispettare l’ambiente, ad esempio, significa riconoscere che il mondo non ci appartiene in esclusiva, ma è casa di tutti, anche delle generazioni future. Rispettare la memoria e la cultura altrui vuol dire imparare dalla diversità, non temerla.
In conclusione, condivido profondamente la scelta della Treccani: “rispetto” è una parola semplice ma potentissima. È insieme fondamento e fine di ogni relazione umana degna di questo nome. E oggi più che mai, va riscoperta, praticata, trasmessa. Perché una società che rispetta è una società che ha scelto di guardarsi dentro prima di colpire fuori. E questo, in tempi fragili e complessi come i nostri, è un atto rivoluzionario.