Achille Polonara con Nicolò De Devitiis de Le IeneAchille Polonara con Nicolò De Devitiis de Le Iene

Bologna, ospedale Sant’Orsola, il telefonino che squilla e rompe tutto

Era notte fonda quando a Nicolò De Devitiis, inviato de “Le Iene” e amico del cestista, è arrivata quella telefonata che nessun essere umano vorrebbe ricevere. La voce spezzata di Erika Bufano, moglie di Achille Polonara, usciva dall’altoparlante come un urlo trattenuto: “Ciao Nicolò, un casino… Achille è andato in coma”. Da quel momento, il tempo si è fermato.

Il cestista italiano, colonna della Dinamo Sassari ed ex Virtus Bologna, stava affrontando la fase più delicata della sua battaglia contro la leucemia mieloide acuta. Dopo il trapianto di midollo sembrava andare tutto bene. Poi, improvvisamente, il corpo ha ceduto al silenzio.


“Gli è partito un trombo, le possibilità di vita erano bassissime”

Il racconto di Erika, trasmesso su Italia 1 nella puntata di martedì 4 novembre de “Le Iene”, è un pugno allo stomaco. “Gli è partito un trombo. Il suo cervello è andato in carenza di ossigeno. Mi hanno detto che le possibilità di vita erano quasi nulle”. Lì per lì non piange. Ma trema.

Tutto è accaduto dopo aver rimosso il PICC, il catetere centrale che convoglia farmaci e sangue. Achille ha avuto un arresto neurologico, è caduto in coma profondo. Dieci giorni sospesi, nel reparto di terapia intensiva del Sant’Orsola-Malpighi.


“Sentivo le voci, ma era come essere in un’altra città”

Quando si è svegliato, Achille Polonara aveva gli occhi spalancati, lucidissimi. Senza capire dove fosse. “Non ricordo quasi nulla. Sentivo la voce di Erika, ma non potevo muovermi. Era come se fossi in un’altra città”, ha raccontato, con un filo di emozione.

Erika ha chiamato tutti: “Erano le sei. Gli occhi si sono aperti. Ho urlato. Ma mi dicevano di non illudermi. Non sapevano se avrebbe parlato ancora, se avrebbe camminato, se avrebbe riconosciuto nostra figlia”. Invece, giorno dopo giorno, Achille ha ricominciato a muovere le dita, a reagire alla musica – soprattutto a una canzone: “No, io no” di Olly.


Una sedia a rotelle, un piumino verde e un sorriso enorme

Oggi Achille Polonara può uscire qualche ora dall’ospedale. Esce seduto su una sedia a rotelle, piumino smanicato verde, tuta, mascherina, e quegli occhi azzurri che sembrano due fari dopo una tempesta. Ha potuto essere presente al quinto compleanno di sua figlia, Vitoria. Ha ricominciato ad ascoltare la musica, a ridere, a piangere.


Dalla semifinale Scudetto al letto d’ospedale: la partita della vita

L’ultima volta che Achille è sceso in campo era giugno: gara 2 di semifinale playoff contro l’Olimpia Milano. Poi la diagnosi, la mononucleosi che nasconde qualcosa di peggiore, il referto medico che cambia tutto: leucemia mieloide. Un trapianto di midollo, la speranza, poi il buio.

“Ho pregato che aprisse gli occhi. Anche solo per un secondo. Anche se non mi avesse riconosciuta”, ha detto Erika.


“Adesso apprezzo anche il caffè della mattina”

Achille, oggi, veste la fragilità con dignità: “Dopo questa esperienza apprezzo tutto. Sveglia, colazione, poter dire ‘vado ad allenarmi’. Sono fortunato”. La battaglia non è finita. Ma il peggio, almeno per ora, sì.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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