L’inferno vissuto in famiglia a Limbiate
Un amore malato, consumato dalla gelosia, dall’alcol e dalla rabbia, è esploso nell’ennesimo atto di violenza. A Limbiate, in Brianza, un uomo di 46 anni di origini rumene è stato arrestato e portato in carcere con l’accusa di maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate. Secondo il giudice per le indagini preliminari di Milano, Luca Milani, l’uomo avrebbe vissuto in un “abituale stato di alterazione da sostanze alcoliche” e avrebbe trasformato la casa in un inferno per la moglie e i loro due figli piccoli.
Ma l’orrore non si è fermato alle mura domestiche. L’ultimo episodio, quello che ha spinto la magistratura a intervenire con la massima urgenza, è avvenuto il 5 novembre scorso a Seregno, dove l’uomo ha tentato di dare fuoco alla moglie, dopo averla aggredita e umiliata ancora una volta.
“Vuoi vedere i bambini stasera?”: il ricatto prima dell’attacco
Era da tempo che la donna viveva nella paura. Aveva già sporto denuncia e un giudice aveva disposto l’allontanamento del marito dalla casa familiare. Ma lui non si era mai davvero fermato: continuava a seguirla, a spiarla, a minacciarla.
Il 5 novembre, si è appostato vicino al luogo di lavoro della moglie, aspettandola all’uscita. Quando l’ha vista salire in auto, l’ha raggiunta, l’ha immobilizzata e le ha sussurrato parole gelide:
“Li vuoi vedere i bambini stasera?”
Poi le ha gettato addosso del liquido infiammabile, colpendola soprattutto al viso e agli occhi. La donna ha urlato, ha cercato di divincolarsi, mentre lui la spingeva e la colpiva con schiaffi. Solo il caso ha impedito che azionasse l’accendino.
La vittima, soccorsa dai sanitari del 118, ha riportato una congiuntivite chimica, traumi e escoriazioni guaribili in quindici giorni. Il suo volto, bruciato dal liquido, racconta oggi una storia di terrore e sopravvivenza.
Le immagini delle telecamere e la bottiglia di benzina
L’aggressione è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza del parcheggio, acquisite poi dai carabinieri della stazione di Limbiate. Nelle immagini, si vede il 46enne mentre colpisce la moglie e brandisce una bottiglietta di plastica da mezzo litro, probabilmente riempita con benzina.
Poche ore dopo, forse travolto da una finta lucidità, l’uomo si è presentato spontaneamente in caserma. Ha consegnato ai militari un accendino, il suo cellulare e un dispositivo GPS installato sulla macchina della moglie, usato per seguirla e “monitorarne gli spostamenti”. Un gesto che conferma la natura ossessiva e persecutoria della sua condotta.
Una lunga scia di paura e denunce inascoltate
Non si è trattato di un gesto improvviso, ma dell’epilogo di mesi di violenze.
Dalle indagini coordinate dalla pm Alessia Menegazzo è emerso un quadro drammatico: insulti, minacce, umiliazioni e aggressioni fisiche consumate anche davanti ai figli minori.
Già in primavera, la donna aveva chiesto aiuto, manifestando la volontà di separarsi dopo anni di una relazione distrutta dall’alcol e dalla paura. Ma il marito non aveva accettato la fine. La sua ossessione era cresciuta fino a diventare incontrollabile.
Persino la nonna, ascoltata dai carabinieri, ha parlato di un “clima teso in famiglia” e dell’estrema irascibilità dell’uomo, che spesso perdeva il controllo anche per motivi banali.
Un uomo senza freni, prigioniero della sua ossessione
Nelle otto pagine del provvedimento firmato dal gip Milani si legge che l’indagato è “privo di freni inibitori” e che manifesta una “morbosità di controllo” verso la ex moglie.
Un’ossessione che lo aveva spinto persino a sporgere una denuncia contro la donna, il 2 giugno 2025, accusandola falsamente di essere lei a maltrattarlo, di non occuparsi dei figli e della casa. Un tentativo disperato di ribaltare la realtà, di presentarsi come vittima.
Ma le prove raccolte – referti del pronto soccorso di Desio, testimonianze dei familiari, filmati e intercettazioni – raccontano un’unica verità: una spirale di violenza familiare degenerata in un tentato omicidio.
La decisione del gip: “Pericoloso, rischio di reiterazione altissimo”
Dopo aver analizzato le prove e il comportamento dell’uomo, il giudice Milani ha disposto la custodia cautelare in carcere.
Secondo il gip, non solo esistono gravi indizi di colpevolezza, ma anche un “concreto rischio di reiterazione del reato”.
Un uomo capace di pedinare, controllare e aggredire la propria compagna con benzina e accendino – si legge nell’ordinanza – “non può rimanere in libertà”.
Oggi la donna è affidata a una struttura protetta, insieme ai figli. Il suo volto, segnato dalle ferite, è anche il simbolo di tante altre vittime che ogni giorno vivono lo stesso terrore dentro le mura di casa.
Comunità sotto choc
L’intera comunità di Limbiate è sconvolta. Nessuno riesce a spiegarsi come un padre di famiglia, conosciuto nel quartiere, abbia potuto trasformarsi in un potenziale assassino.
“Sembravano una coppia normale”, racconta un vicino. “Poi lui ha iniziato a bere, a urlare. Tutti sentivamo, ma nessuno immaginava fino a questo punto.”
È la cronaca nera di un male che cresce nel silenzio, tra quattro mura e troppi sguardi voltati dall’altra parte.
Una storia che si chiude con un arresto, ma che lascia aperta una domanda che brucia: quante donne dovranno ancora rischiare la vita prima che l’amore malato venga riconosciuto per quello che è — violenza pura?

