Tragedia nel Casentino: bimbo di due anni muore all’asilo nido di Soci
Una mattina come tante, fatta di voci infantili e piccoli passi nel cortile, si è trasformata in un incubo per la comunità di Soci, nel comune di Bibbiena, in provincia di Arezzo.
Un bambino di appena due anni è morto all’interno dell’asilo nido Laboriamo, in via della Rena, una struttura comunale gestita dalla cooperativa Koiné. L’incidente è avvenuto attorno alle 11.30 di martedì 12 novembre, nel resede esterno della scuola. In pochi minuti la quotidianità di un luogo pensato per la crescita e la sicurezza si è tramutata in disperazione, urla, sirene, silenzio.
Cosa è successo nel giardino dell’asilo nido?
Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri di Bibbiena, il piccolo stava giocando all’aperto insieme agli altri bambini e alle educatrici.
In un momento che nessuno avrebbe potuto immaginare fatale, il giubbotto del bimbo si sarebbe impigliato a un ramo. Il cappuccio o la stoffa potrebbero essersi stretti attorno al collo, provocando un soffocamento accidentale.
Le maestre si sarebbero accorte immediatamente che qualcosa non andava: si sono avvicinate, hanno tentato di liberarlo e chiamato subito il 118. In pochi minuti sul posto sono arrivati i soccorritori del Pegaso, l’ambulanza e un medico del pronto soccorso del Casentino.
Nonostante ogni tentativo di rianimazione, il piccolo non ha mai ripreso conoscenza. È morto nel giardino dell’asilo, davanti agli occhi impotenti del personale e dei soccorritori.
Un dramma che lascia senza parole la comunità di Bibbiena
Nel giro di pochi minuti la notizia ha raggiunto l’intero Casentino, lasciando sgomenta la popolazione. Soci è una frazione tranquilla, dove tutti si conoscono, e il piccolo era una presenza affettuosa per educatrici e compagni di gioco.
Davanti al cancello dell’asilo, chiuso e ora presidiato dai carabinieri, si è formato un piccolo gruppo di genitori, amici, residenti. Nessuno riesce a trovare le parole. Solo lacrime e incredulità.
Sul posto è arrivato anche il sindaco di Bibbiena, Filippo Vagnoli, visibilmente commosso. Non ha voluto rilasciare dichiarazioni, limitandosi ad abbracciare i familiari della vittima. “Una tragedia che ci distrugge”, avrebbe confidato a voce bassa.
Dalla cooperativa Koiné, che gestisce la struttura per conto del Comune, trapela sgomento: “In trent’anni di attività non era mai accaduto nulla di simile. Siamo devastati e vicini alla famiglia”, hanno detto i responsabili.
L’indagine: cosa cercano di chiarire i carabinieri?
La Procura di Arezzo ha aperto un fascicolo per la morte del bambino. Al momento non risultano indagati, ma la magistratura vuole capire se si sia trattato di un evento totalmente imprevedibile o se ci siano eventuali responsabilità legate alla sicurezza degli spazi esterni o alla sorveglianza.
I carabinieri della compagnia di Bibbiena stanno raccogliendo testimonianze da tutto il personale presente in giardino al momento dell’incidente. L’area del cortile è stata transennata e sottoposta a rilievi tecnici. I militari vogliono comprendere come il giubbotto possa essersi impigliato e se eventuali oggetti o piante possano aver rappresentato un pericolo.
Un accertamento delicato, che dovrà tenere conto anche delle norme di sicurezza previste nelle strutture educative per la prima infanzia.
Il dolore dei soccorritori e il silenzio del pomeriggio
Chi era presente racconta una scena straziante. Le educatrici in lacrime, il silenzio improvviso del cortile, il piccolo corpo adagiato sull’erba mentre i sanitari del 118 tentavano di salvarlo. “Abbiamo fatto di tutto”, avrebbe detto un infermiere con la voce rotta.
Dopo il decesso, i militari hanno fatto sgomberare l’area. Il Pegaso è rimasto atterrato per oltre un’ora nei campi accanto al nido, inutilizzato. Poi è decollato lentamente, mentre la comunità si radunava in un silenzio surreale.
Davanti al cancello chiuso, solo i mezzi delle forze dell’ordine e il nastro bianco e rosso. Le maestre, ancora sotto shock, sono state accompagnate dai familiari. Tutti gli altri bambini sono stati affidati ai genitori, chiamati uno a uno, con discrezione.
Una tragedia “impossibile” che segna una comunità
Nel tardo pomeriggio la notizia ha iniziato a diffondersi sui social. In pochi minuti, il nome del piccolo paese del Casentino è diventato simbolo di una tragedia assurda, che nessuno riesce a spiegarsi.
Nel bar del paese, nelle chat tra mamme, nei corridoi del Comune, una sola domanda: come è potuto accadere?
Le indagini stabiliranno la dinamica esatta, ma intanto resta il dolore nudo, reale, di una famiglia distrutta e di un’intera comunità che piange un bambino di due anni, morto nel luogo dove avrebbe dovuto imparare a vivere, non a morire.

