Chiara Ferragni pandoroChiara Ferragni

Il pm ha chiesto la condanna a un anno e otto mesi

La richiesta di condanna — un anno e otto mesi, senza sospensione condizionale né attenuanti — i magistrati milanesi l’avevano già formalizzata. Ma è nella requisitoria pronunciata davanti al giudice Ilio Mannucci Pacini che la Procura ha chiarito perché, secondo l’accusa, Chiara Ferragni debba essere riconosciuta colpevole nei casi del Pandoro Pink Christmas Balocco e delle uova Dolci Preziosi.

Il cuore dell’accusa: “Un ruolo preminente, perché i follower si fidavano di lei”

Per il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e per il pm Cristian Barilli, l’influencer «aveva un ruolo preminente nelle campagne» incriminate, perché la sua immagine «garantiva una diffusività enorme» e soprattutto perché «i suoi 30 milioni di follower si fidavano» delle sue parole. Un livello di fiducia che, nella ricostruzione accusatoria, avrebbe reso gli utenti «più esposti al messaggio commerciale mascherato da iniziativa benefica».

Secondo la Procura, nei rapporti con Balocco e Cerealitalia «l’ultima parola spettava alle società riconducibili all’imputata», anche nella gestione delle risposte alle domande crescenti dei consumatori su quanta parte del prezzo — aumentato del doppio — fosse destinata alla beneficenza.

Il passaggio cruciale della requisitoria: “Messaggio ingannevole con grande diffusività”

È in questo quadro che i magistrati hanno pronunciato il passaggio chiave:
«La campagna fu costruita con Ferragni in posizione preminente e con un messaggio ingannevole dotato di grande diffusività, perché veicolato attraverso la sua credibilità agli occhi di milioni di follower».

Per la Procura, dunque, non si è trattato solo di un errore di comunicazione, ma di un sistema nel quale «la forza persuasiva dell’influencer» avrebbe generato vendite basate su una promessa non veritiera.

Ferragni: “Tutto fatto in buona fede, nessuno ha lucrato”

Chiara Ferragni, presente in aula, ha scelto di rispondere immediatamente. Visibilmente commossa, ha rivendicato la propria buona fede.
«Tutto quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto in buona fede. Nessuno di noi ha lucrato», ha detto nelle dichiarazioni spontanee.

All’uscita dal tribunale, circondata da telecamere e fotografi, si è limitata a un «Sono fiduciosa».

Nel processo abbreviato, la difesa — gli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana — punta a smontare l’impianto accusatorio: «Spiegheremo — ha dichiarato Iannaccone — le ragioni di alcune scelte, e da lì emergerà l’innocenza di Chiara».

L’aggravante della “minorata difesa”: la questione decisiva

Al centro della battaglia processuale c’è l’aggravante della minorata difesa del consumatore online. Se venisse meno, molti degli imputati — compresa Ferragni — potrebbero essere prosciolti per assenza di querela.

L’avvocato Aniello Chianese, parte civile per “Casa del consumatore”, ha sostenuto che «i follower ripongono un grado di fiducia negli influencer tale da rendere la loro capacità critica ridotta», e che questa particolare vulnerabilità giustifica l’aggravante.

I magistrati, nella loro ricostruzione, la collegano anche alla grande distribuzione: una dinamica in cui un messaggio ritenuto benefico invitava a «fare non un buon Natale, ma un Natale buono».

Il nodo dei profitti e la difesa delle attività benefiche

Secondo le indagini della Guardia di Finanza, tra il 2021 e il 2022 Ferragni e i suoi collaboratori avrebbero conseguito presunti profitti indebiti per circa 2,2 milioni di euro, perché — sostengono i pm — la beneficenza indicata non era inclusa nel prezzo dei prodotti.

L’influencer, da parte sua, ha ricordato le numerose attività benefiche realizzate nel corso degli anni, dalla raccolta fondi per la terapia intensiva del San Raffaele durante il Covid alla campagna a Sanremo contro la violenza sulle donne.

Ha inoltre già chiuso il fronte amministrativo con donazioni per 3,4 milioni. Ma per l’accusa questo non è sufficiente a riconoscere la “diminuente”.

Damato e Cannillo: gli altri imputati

Per l’ex manager Fabio Damato, la Procura ha chiesto la stessa condanna di Ferragni: un anno e otto mesi.
Solo per il presidente di Cerealitalia, Francesco Cannillo, è stata avanzata la richiesta di attenuanti, con una pena finale di un anno.

La sentenza arriverà a metà gennaio

Il 19 dicembre parleranno i difensori. La decisione è attesa a metà gennaio.
Un verdetto che, per peso mediatico e valore simbolico, segnerà una linea su quanto potere abbiano oggi gli influencer e su quale grado di responsabilità debbano assumersi.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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