Massimo LovatiMassimo Lovati

Massimo Lovati sarà ascoltato in Procura a Brescia

Una giornata di telefonate, smentite e dichiarazioni che si inseguono come in un labirinto.
Il nome di Massimo Lovati è di nuovo sulla bocca di tutti. Prima le voci sulle sue presunte dimissioni, poi la nomina di un portavoce inatteso, infine la smentita in diretta. Tutto nel giro di poche ore.

Sul fondo, però, resta l’unica certezza: giovedì Lovati dovrà presentarsi davanti alla Procura di Brescia. Un interrogatorio che può cambiare molto – forse tutto – nella delicata inchiesta sui presunti favori giudiziari che legano l’ex pm Mario Venditti e la famiglia Sempio, nel lungo strascico del caso di Garlasco.

Un portavoce inaspettato

A parlare per primo è stato Alfredo Scaccia, ex legale romano che ha lasciato la professione dopo essere finito in un’indagine della Procura di Roma per corruzione e accesso abusivo ai sistemi informatici.
“L’avvocato Lovati mi ha chiesto di essere il suo portavoce – ha spiegato Scaccia all’AGI – per portare equilibrio nel caos delle notizie. Domani sarà ascoltato in Procura come persona interessata, non è indagato”.

Parole che hanno generato un nuovo corto circuito mediatico. Perché Scaccia, oltre a essere un ex penalista travolto da un’inchiesta, ha annunciato da poco di aver lasciato per sempre la toga:

“Quando la legge ti chiama a rispondere personalmente di reati, la toga non ha più senso che la si indossi”.

Un portavoce “fuori dai ruoli”, dunque, che si propone come voce ufficiale di un uomo che da giorni preferisce il silenzio alle telecamere.

Le smentite di Gallo e la replica secca

Nel pomeriggio, mentre la notizia faceva il giro delle redazioni, è intervenuto Fabrizio Gallo, l’avvocato romano che fino a quel momento era indicato come difensore di Lovati.
“Ho sentito Massimo Lovati cinque minuti fa, mi ha confermato il mandato, non ho mai avuto intenzione di rinunciare ad assisterlo. È una fake news”, ha dichiarato a LaPresse.

Gallo ha raccontato di aver saputo della convocazione in Procura solo dai giornali, mentre si trovava ospite della trasmissione “Ore 14” su Rai 2:

“Sono rimasto stupito. Lovati non me lo aveva comunicato. Ho semplicemente detto che non sono qui a fare il pupazzo”.

L’avvocato ha però chiarito che il suo mandato riguarda esclusivamente la querela per diffamazione presentata da Lovati contro i colleghi dello studio Giarda, gli ex difensori di Alberto Stasi. Nessun ruolo, dunque, nell’inchiesta di Brescia.

Una precisazione che ha contribuito a rendere ancora più confusa la posizione dell’ex legale di Sempio, tra consulenti che si alternano e portavoce che spuntano come funghi in un clima di sospetto.

Cosa vuole la Procura da Lovati?

L’interrogatorio di giovedì 13 novembre non è una formalità. L’invito a comparire recapitato al 72enne legale di Vigevano parla chiaro: dovrà presentarsi alle 16:00 “per motivi di giustizia”. In caso contrario rischia fino a tre mesi di arresto.

A Brescia, i pm vogliono chiarire il ruolo di Lovati nel presunto giro di denaro legato alla difesa di Andrea Sempio tra il dicembre 2016 e il marzo 2017, il periodo in cui il giovane fu iscritto e poi archiviato nel registro degli indagati per l’omicidio di Chiara Poggi.

Secondo le ricostruzioni investigative, la famiglia Sempio avrebbe prelevato e consegnato in contanti circa 55mila euro agli avvocati incaricati di difendere il figlio.
Lovati avrebbe ammesso di aver ricevuto “il suo terzo” – circa 15-16mila euro – in busta, nello studio dei colleghi Federico Soldani e Simone Grassi, senza fatture né tracciabilità.

Soldani ha dichiarato genericamente che “il compenso era adeguato”, mentre Grassi ha sostenuto di aver accettato “per la visibilità mediatica”.
Una linea difensiva a più voci che non convince gli inquirenti e che, giovedì, sarà al centro delle domande della pm Claudia Moregola.

Tra sospetti e vecchie ferite

La convocazione di Lovati arriva in un momento cruciale.
La Procura di Brescia sta indagando sulle presunte pressioni e sui pagamenti sospetti che avrebbero condizionato la richiesta di archiviazione per Sempio nel 2017.
Secondo gli atti, l’ex pm Mario Venditti avrebbe “favorito” il giovane in cambio di 20-30mila euro.

Nel frattempo, si torna a parlare del DNA sotto le unghie di Chiara Poggi, il celebre profilo Y che da anni alimenta ipotesi e controperizie.
Le nuove analisi genetiche della polizia scientifica hanno stabilito che quel DNA è misto, parziale e non consolidato.
Un dato che non permette di individuare un soggetto preciso. Non abbastanza per accusare qualcuno, ma neppure per escluderlo.

L’ombra lunga del caso Poggi

Tutto torna a Garlasco, a quella casa di via Pascoli dove Chiara Poggi venne uccisa il 13 agosto 2007.
Da allora sono passati quasi diciotto anni, ma il caso continua a risucchiare vite, nomi e carriere.
Lovati, che di Sempio fu difensore per tre mesi, si ritrova oggi a fare i conti con il passato.

Giovedì, nella sala della Procura di Brescia, dovrà rispondere a domande che non riguardano solo i soldi, ma anche la verità su un sistema che da anni si muove tra potere e silenzio.
E mentre i riflettori si accendono sul suo interrogatorio, resta l’immagine di una giustizia che cerca di riparare le proprie crepe, inseguendo ancora le ombre di Garlasco.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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