Liliana Resinovich e il pizzaiolo che ha raccontato il particolare dei sacchi neriLiliana Resinovich e il pizzaiolo che ha raccontato il particolare dei sacchi neri

Una nuova testimonianza potrebbe aprire un ulteriore fronte nelle indagini sulla morte di Liliana Resinovich, la 63enne trovata senza vita nel gennaio 2022 nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste.
Alfonso Buonocore, ex titolare di una pizzeria frequentata da Liliana e dal marito Sebastiano Visintin, ha raccontato di aver consegnato alla donna due sacchi neri nei mesi precedenti alla scomparsa.

La testimonianza: “Me ne chiese uno, poi tornò il giorno dopo per un altro”

Buonocore, originario della Costiera Amalfitana e residente a Trieste da quarant’anni, ha spiegato di aver deciso di parlare dopo aver seguito un programma televisivo sulla vicenda.

Il racconto:
«La incontrai davanti alla pizzeria. Stavo buttando la spazzatura e mi chiese se potevo venderle un sacco nero. Gliene diedi uno che lei mise in borsa prima che arrivasse il marito».
Il giorno dopo tornò.
«Faceva freddo, l’ho fatta entrare, le ho offerto un caffè e le ho dato un altro sacco. Mi voleva pagare 50 centesimi, ma le dissi che avrei messo in conto a Sebastiano. Mi chiese di non parlarne con nessuno».

L’ex ristoratore afferma di avere ancora un lotto dello stesso tipo di sacchi, acquistati da una ditta della zona di Grado.

Il dettaglio dei sacchi: suggestione o indizio?

I sacchi neri restano uno degli elementi più discussi: il corpo di Liliana Resinovich venne trovato avvolto proprio in due sacchi robusti.
Buonocore però precisa: «Non posso avere certezza che siano gli stessi».

La Squadra mobile acquisirà ora l’audio del colloquio tra lui e Visintin.

L’avvocato Gentile: “I sacchi non sono il vero problema. È il cordino il punto irrisolto”

L’avvocato Nicodemo Gentile, legale del fratello di Liliana, interviene con fermezza:
«Non sono i sacchi neri a ostacolare l’ipotesi del suicidio. Il dottor Barisani è stato il primo a scrivere che Lilli è stata picchiata prima di morire».

E aggiunge:
«Il vero elemento che solleva interrogativi è il cordino: un reperto cruciale, mai spiegato in modo convincente».

Secondo Gentile, sarebbe opportuno che il marito, unico indagato, chiarisse definitivamente questo punto.

“Ora valutiamo i pizzaioli dimenticati e il carabiniere fantasma”

L’avvocato attacca anche la qualità di alcune testimonianze emergenti:
«Solo allora si potrà orientare l’attenzione verso pizzaioli che resuscitano circostanze ammuffite e verso il carabiniere fantasma di cui si parla negli ultimi giorni».

Le nuove verifiche saranno oggetto degli accertamenti disposti dal giudice nell’ambito dell’incidente probatorio.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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