Colpita e nascosta viva sotto un armadio
Martina Carbonaro aveva solo 14 anni quando, lo scorso 26 maggio, fu uccisa ad Afragola dall’ex fidanzato Alessio Tucci. Il suo corpo venne ritrovato due giorni dopo, nascosto sotto un armadio all’interno dell’ex stadio Moccia.
Le nuove rivelazioni dell’autopsia, eseguita dalla dottoressa Raffaella Salvarezza, rendono la tragedia ancora più agghiacciante: Martina sarebbe rimasta in vita per circa un’ora dopo essere stata colpita alla testa.
I colpi inferti e la difesa disperata
Il medico legale ha ricostruito la sequenza: quattro colpi inferti da dietro, tutti alla testa, l’ultimo mentre la ragazza era già a terra. Martina Carbonaro avrebbe cercato di difendersi mentre Tucci le premeva le mani sul volto. Lesioni compatibili con tentativi disperati di resistere.
Un dettaglio terribile emerge dalla consulenza: il decesso non è sopraggiunto subito, come inizialmente ipotizzato, ma dopo un’agonia durata fino a un’ora. Un tempo che, con un intervento tempestivo, forse avrebbe potuto salvarle la vita.
Un cantiere del PNRR trasformato in trappola
A pesare sulla vicenda è anche il contesto. Martina è morta in un luogo che avrebbe dovuto essere vigilato: un cantiere finanziato con fondi del PNRR per la riqualificazione dell’ex stadio Moccia. Invece, secondo quanto denunciato dai legali della famiglia, era abbandonato e privo di sorveglianza.
«L’assenza di controllo ha permesso non solo il delitto, ma anche l’occultamento del corpo», denuncia l’architetto Paolo Sibilio, consulente dell’avvocato Sergio Pisani, legale della famiglia.
Una morte che si poteva evitare
Per Sibilio «ci troviamo davanti a una tragedia aggravata dall’incuria: risorse pubbliche destinate alla sicurezza si sono trasformate in scenari di degrado e morte».
La famiglia di Martina chiede ora giustizia e chiarimenti anche sul perché un luogo di quel tipo fosse accessibile, diventando lo scenario di un omicidio così crudele.