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Morto Matteo Messina Denaro: aveva rifiutato l’accanimento terapeutico, 9 mesi fa l’arresto

Il boss Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio scorso dopo 30 anni di latitanza, è morto nell’ospedale de L’Aquila dove era ricoverato, in una stanza blindata, da agosto. Il capomafia, 62 anni, era malato da tre anni di tumore al colon

Matteo Messina Denaro era in coma irreversibile, il tumore al colon gli era stato diagnosticato quando era ancora latitante

Gli era stata diagnosticato mentre era ancora ricercato, a fine 2020. Dopo la cattura, Messina Denaro è stato sottoposto alla chemioterapia nel supercarcere de L’Aquila dove gli è stata allestita una sorta di infermeria attigua alla cella. Una equipe di oncologi e di infermieri del nosocomio abruzzese ha costantemente seguito il paziente apparso subito, comunque, in gravissime condizioni.

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Nei 9 mesi di detenzione, il padrino di Castelvetrano è stato sottoposto a due operazioni chirurgiche legate alle complicanze del cancro. Dall’ultimo non si è più ripreso, tanto che i medici hanno deciso di non rimandarlo in carcere ma di curarlo in una stanza di massima sicurezza dell’ospedale.

Venerdì 22 settembre, sulla base del testamento biologico lasciato dal boss che ha rifiutato l‘accanimento terapeutico, gli è stata interrotta l’alimentazione ed è stato dichiarato in coma irreversibile.

La figlia riconosciuta da poco e la nipote sono state al fianco del boss negli ultimi giorni di vita, il no alla celebrazione religiosa

Nei giorni scorsi la Direzione sanitaria della Asl L’Aquila ha cominciato a organizzare le fasi successive alla morte del boss e quelle della riconsegna della salma alla famiglia, rappresentata dalla nipote e legale Lorenza Guttadauro e dalla giovane figlia Lorenza Alagna, riconosciuta recentemente e incontrata per la prima volta nel carcere di massima sicurezza de L’Aquila ad aprile.

La ragazza, con la nipote del boss e la sorella Giovanna, gli è stata accanto negli ultimi giorni. In un pizzino aveva manifestato il rifiuto di ogni celebrazione religiosa “perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato”.

Redazione
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Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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