Il delitto di Forcella, i contrasti familiari emersi durante l’ultimo saluto
Un lungo applauso, sommesso ma carico di dolore, ha accompagnato l’uscita del feretro di Ciro Rapuano, il 59enne ucciso con oltre 100 coltellate lo scorso 4 settembre a Forcella. I funerali si sono svolti nella chiesa della Pietà dei Turchini, in via Medina, nel cuore di Napoli, alla presenza di poche decine di persone. Un addio raccolto e intimo, segnato più da silenzi che da parole, mentre la comunità ancora fatica a elaborare l’orrore di quanto accaduto.
L’assenza di Emanuela e i dissapori familiari
A colpire è stata l’assenza di Emanuela, la figlia minore della vittima. Il suo nome non compariva neppure sui manifesti funebri e la sua decisione ha acceso i riflettori su dissidi familiari profondi. Secondo quanto riferito da un congiunto, «non si è schierata con la sorella che si è messa contro la mamma. Non la vogliamo». Eppure Emanuela era in casa la notte del delitto: ha dichiarato di non aver sentito nulla, una posizione che ha ulteriormente acuito i contrasti.
Presente invece Valentina, la figlia maggiore, seduta in prima fila, il volto nascosto dietro grandi occhiali da sole per celare le lacrime. Una distanza dolorosa tra sorelle che rende ancora più drammatica una vicenda già segnata da sangue e incomprensioni.
Lucia Salemme, la moglie che ha confessato
A essere indagata per l’omicidio è la moglie, Lucia Salemme, 58 anni, che ha confessato di aver colpito il marito con oltre 100 fendenti. Una violenza estrema, che gli inquirenti della Procura di Napoli – in un fascicolo seguito dalla Squadra Mobile – hanno definito un vero e proprio massacro. Secondo le prime ricostruzioni, Rapuano sarebbe stato raggiunto da coltellate alla schiena, alle spalle e agli arti.
La donna ha raccontato di aver reagito a presunti anni di maltrattamenti, impugnando anche un secondo coltello che – a suo dire – il marito teneva sotto il cuscino. Nella colluttazione ha riportato ferite a una mano e a un braccio, compatibili con lesioni da difesa. È stata lei stessa, subito dopo l’accaduto, a chiamare le forze dell’ordine, consegnandosi ai carabinieri.
Oggi è detenuta nel carcere di Secondigliano, accusata di omicidio volontario aggravato.
La voce dei familiari
Al termine della cerimonia, il cognato della vittima ha chiesto chiarezza: «Vogliamo capire dalla giustizia cosa è successo quella notte. Centosette coltellate rappresentano un massacro. A Lucia chiedo di dire tutta la verità, alla fine uscirà tutto».
Diversa la posizione della sorella di Ciro, Annamaria, che non ha trattenuto le lacrime: «Mia cognata è sempre stata una brava persona, un’ottima moglie, un’ottima madre. È una tragedia che non riusciamo a spiegarci».
Anche la nipote Lisa si è lasciata andare a un pianto inconsolabile: «Nessuno poteva immaginare quello che è successo. Non c’erano avvisaglie, sono cose che si vedono solo in televisione. È incredibile che sia capitato a noi». Poco prima, in chiesa, aveva letto una lettera struggente: «Pure le pietre di questa città ti amano. Tu amavi Napoli e Napoli oggi ti saluta con rispetto. Non accettavi le ingiustizie, non ti sei mai voltato dall’altra parte. Hai sacrificato tutto per la famiglia».
Le indagini ancora in corso
Gli investigatori stanno proseguendo con accertamenti tecnici per ricostruire con precisione la dinamica e i movimenti avvenuti in quella notte. Restano da chiarire il numero esatto delle coltellate, le circostanze che hanno portato all’esplosione di tanta violenza e l’eventuale conferma delle dichiarazioni rese dalla donna sui presunti maltrattamenti subiti.
Intanto la comunità di Forcella resta sgomenta. Un quartiere che conosce bene la durezza della vita quotidiana, ma che non riesce a trovare spiegazioni a un omicidio così feroce, consumato tra le mura domestiche.