Lucia Salemme e Ciro RapuanoLucia Salemme e Ciro Rapuano

L’udienza di convalida a Napoli: la 58enne resta in carcere

Si è svolta davanti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, Alessandra Grammatica, l’udienza di convalida dell’arresto di Lucia Salemme, la 58enne che ha confessato di aver ucciso per legittima difesa il marito Ciro Rapuano, 59 anni, nella notte tra il 3 e il 4 settembre nella loro abitazione di via Sant’Arcangelo a Baiano, quartiere Forcella.

La donna, già detenuta nel carcere di Secondigliano, è comparsa in aula alla presenza del pm Giuliano e del suo difensore, l’avvocato Riccardo Pinto.

La confessione: ‘Mi sono difesa’

Interrogata dal Gip, Salemme ha ribadito la versione già fornita subito dopo l’omicidio: avrebbe colpito il marito per difendersi durante una lite degenerata in aggressione fisica. Secondo il suo racconto, l’uomo l’avrebbe ferita al braccio con un coltello; a quel punto, nel tentativo di salvarsi, avrebbe afferrato un secondo coltello nascosto sotto il cuscino del marito e sferrato i colpi fatali.

Mi sono difesa”, ha ripetuto davanti al giudice, aggiungendo di essere stata vittima di violenze domestiche da lungo tempo.

La decisione del Gip

L’avvocato Pinto ha chiesto per la sua assistita la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico. Tuttavia, il pubblico ministero ha sottolineato la gravità dei fatti, chiedendo la custodia cautelare in carcere per omicidio volontario aggravato.

Il giudice ha accolto la richiesta della Procura e disposto la permanenza di Lucia Salemme a Secondigliano, dove è sorvegliata a vista per evitare possibili gesti estremi.

La notte dell’omicidio

Secondo la ricostruzione, nella notte tra il 3 e 4 settembre, una lite scoppiata per futili motivi si sarebbe trasformata in tragedia. Rapuano avrebbe prima ferito la moglie con un coltello, poi la donna avrebbe reagito colpendo a morte il marito con numerosi fendenti.

Le urla hanno svegliato la figlia trentenne, che convive con i genitori ed è accorsa assistendo agli attimi immediatamente successivi. In casa era presente anche la nipotina di sette anni, rimasta fortunatamente ignara della scena perché dormiva.

Dopo l’omicidio la chiamata alla polizia

È stata la stessa Salemme a chiamare le forze dell’ordine, ammettendo subito le proprie responsabilità. Ricoverata all’ospedale Vecchio Pellegrini per la ferita al braccio, è stata poi dimessa e trasferita in carcere.

Agli investigatori la donna ha detto di essersi sentita quasi “sollevata” dopo anni di maltrattamenti, salvo poi cadere in uno stato di prostrazione di fronte all’irreparabile.

Un caso che riaccende il tema della violenza domestica

La vicenda di via Sant’Arcangelo non è solo un dramma familiare, ma ripropone con forza la questione della violenza domestica, spesso sottovalutata fino a quando non si trasforma in tragedia.

Il processo dovrà stabilire se Lucia Salemme abbia agito davvero per legittima difesa o se si tratti di un omicidio volontario aggravato. Nel frattempo, la donna resta dietro le sbarre in attesa dei prossimi sviluppi giudiziari.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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