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Bambino ucciso a Città della Pieve, il papà di Alex: ‘Mi era stato affidato, l’ha rapito ed ha scritto non sarà più di nessuno’

La querelle sull’affidamento prima, il viaggio dall’Ungheria all’Italia dove il piccolo Alex è morto ad appena due anni. La madre l’ha riposto sulla cassa di un supermercato a Po’ Bandino, frazione di Città della Pieve, ed ha chiesto aiuto ma per il bimbo non c’era nulla da fare. La 44enne è stata tratta in arresto con la pesante accusa di omicidio dopo una serie di dichiarazioni discordanti.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti Katalin Erzsebet Bradacs avrebbe cambiato la maglietta sporca di sangue dopo aver inferto i fendenti mortali in un capanno di una vecchia centrale elettrica. Quando gli operatori del soccorso hanno tirato su l’indumento la tragica scoperta con gli evidenti segni d’arma da taglio sul corpo. La donna si è avvalsa della facoltà di non rispondere.

La 44enne Katalin Erzsebet Bradacs avrebbe cambiato la maglietta al figlio prima di entrare nel supermercato

Il marito, Norbert Juhasz, non ha dubbi sulla responsabilità della donna che il 22 settembre gli avrebbe dovuto consegnare il bambino. “Ha rapito il mio Alex il giorno in cui avrebbe dovuto consegnarmelo perché il tribunale lo aveva affidato a me, e scappata in Italia e lo ha ucciso e poi ha confessato di averlo ammazzato in un messaggio a un amico” – ha dichiarato l’uomo al Corriere dell’Umbria al quale ha inviato una foto di Alex pieno di sangue. “Ha scritto adesso non sarà più di nessuno“. L’uomo, che aveva aiutato il papà del piccolo per l’affidamento, ha allertato immediatamente forze dell’ordine e ambasciata ma ormai era troppo tardi. Quando Katalin Erzsebet Bradacs non gli aveva consegnato il piccolo Norbert Juhasz aveva pensato subito che la consorte si fosse recata in Italia dove aveva lavorato qualche anno prima.

Il padre di Alex: ‘L’ha portato in Italia il giorno che avrebbe dovuto consegnarmelo’, le accuse alla polizia ungherese

“La polizia mi ha detto che non era crimine, e che avrei potuto fare ricorso. Siamo in Ungheria e la polizia ungherese non ha fatto partire l’inchiesta internazionale. Si sono attivati solo dopo l’omicidio di mio figlio” – ha affermato l’uomo che non riesce a darsi pace per una tragedia che poteva essere evitata. Prima di raggiungere Chiusi la 44enne avrebbe vissuto per qualche giorno a Roma. L’ultimo contatto con lei il 1° ottobre quando il papà ha sentito per l’ultima volta la voce di Alex. “Le ho chiesto di tornare, ma lei mi ha chiesto dei soldi ed ha detto che non avrei visto il bambino per molte tempo”.

Il test del DNA e il rapporto conflittuale con la donna

Secondo quanto raccontato da Juhasz la donna aveva dato segnali di malessere anche durante la gravidanza. “Si dava le botte sulla pancia e assumeva dei farmaci steroidei” – ha raccontato l’uomo che prima del parto le aveva fatto fare il test del DNA. “Ci siamo conosciuti nel 2019, lei era già madre di un ragazzo maggiorenne e mi aveva detto che non poteva avere più figli. Avevo chiesto il test anche perché lei lavora come attrice hard e non ero certo di essere il padre biologico”. La donna ha ribadito di non aver ucciso il bambino nel corso dell’interrogatorio di lunedì 4 ottobre.

Redazione
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Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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