La frase di Manuela Bianchi: «Oddio, mia suocera, perché capitano tutte a me»
È il 4 ottobre 2023 quando, nel garage di via del Ciclamino a Rimini, viene trovato il corpo di Pierina Paganelli. In Corte d’Assise, durante il processo che vede imputato Louis Dassilva, emerge una testimonianza destinata a pesare. A riportarla è il vicino Ionas Nastas, che ricorda le parole pronunciate da Manuela Bianchi alla vista del cadavere: «Oddio, mia suocera, perché capitano tutte a me».
Nastas, moldavo, abita nello stesso condominio. Ha raccontato di aver sentito un urlo la sera precedente, il 3 ottobre. «Pensai fossero ragazzi che giocavano» – ha detto, spiegando di non aver dato peso a quel grido. La sua deposizione diventa ora centrale per la ricostruzione degli istanti successivi al ritrovamento.
La dinamica del ritrovamento e la presenza di Dassilva
È proprio Nastas a cui Bianchi si rivolge quella mattina per chiedere aiuto. È dal suo telefono che vengono chiamati i soccorsi. L’uomo conferma di aver visto, insieme alla donna, anche Dassilva nel garage.
La Procura considera rilevante un dettaglio riportato da Bianchi in incidente probatorio: secondo lei, sarebbe stato Dassilva ad attenderla per avvertirla della presenza del corpo nel vano dell’ascensore. Una circostanza che, per l’accusa, potrebbe inserirsi in un quadro indiziario coerente. La difesa, invece, insiste sulla necessità di verificare ogni passaggio, anche attraverso le testimonianze incrociate.
Nastas ha precisato che nessuno dei tre – lui, Bianchi e Dassilva – avrebbe toccato il cadavere. Eppure resta un nodo irrisolto: in quell’area non c’era luce. Ciò contrasta con quanto riferito inizialmente da Bianchi, che sembrava già a conoscenza delle condizioni in cui versava il corpo.
Le paure di Pierina e le parole dell’amica
A chiarire il contesto emotivo in cui viveva Paganelli è intervenuta Rosella Parisi, amica e “sorella in fede”, testimone di Geova come la vittima. Ha raccontato che Pierina, mesi prima dell’omicidio, le confidò di aver paura di scendere in garage.
Quella mattina del 4 ottobre, è proprio Dassilva a bussare alla porta di Parisi. «Vieni giù, c’è una persona a terra» le avrebbe detto. Lei scende, vede la scena, ma non riconosce subito l’amica. La sua testimonianza, però, si rivela piena di incertezze: il pubblico ministero Daniele Paci la incalza, contestando versioni discordanti rispetto a quanto dichiarato due anni prima.
Parisi riferisce anche che Dassilva avrebbe toccato il corpo per verificarne lo stato. Un gesto che l’imputato stesso ha sempre ammesso.
La ricostruzione minuto per minuto della sera dell’omicidio
In aula viene riascoltato anche il racconto di Loris Bianchi su ciò che accadde la sera del 3 ottobre. Descrive una serata passata in casa, seguendo l’adunanza dei testimoni di Geova con la nipote Giorgia. Racconta movimenti ordinari: la nipote che va in bagno, il cane che gioca con lui, e l’uscita di casa poco prima delle 23.
I dati tecnici del cellulare confermano 198 passi compiuti alle 22.57, pari a circa 140 metri, fino all’auto parcheggiata sul retro. L’auto viene ripresa in via Coriano alle 23.04. Un tragitto apparentemente lineare, ma su cui la difesa insiste per chiarire ogni possibile incongruenza temporale.
Il precedente incidente e le parole di Giuliano Saponi
Prima dell’udienza, parla ai giornalisti anche Giuliano Saponi, figlio della vittima, coinvolto mesi prima in un incidente su cui ora si torna a indagare. «Non mi sono arreso. Per me è giusto andare avanti», dichiara, dopo che il gip ha accolto l’opposizione all’archiviazione.
Secondo la sua legale, Monica Lunedei, «ci sono elementi che rendono meno probabile la pista dell’incidente». Una valutazione rafforzata da dettagli emersi nel fascicolo dell’omicidio Paganelli.
La difesa di Dassilva, tramite l’avvocato Andrea Guidi, ribadisce però che per loro il fascicolo su quell’incidente resta «a carico di ignoti».

