Nella stanza del residence Ferrucci sono state trovate anche due lettereNella stanza del residence Ferrucci sono state trovate anche due lettere

Cosa è successo nella stanza 186 del residence Ferrucci a Prato?

Un dramma sconvolgente ha colpito Prato: nella stanza 186 del residence Ferrucci è stato trovato morto Maurizio Drovandi, 52 anni, dipendente del Monte dei Paschi di Siena. Accanto a lui, Marco Vitali, il compagno 55enne con cui condivideva da dieci anni un legame affettivo, è stato trovato ferito, ma vivo.

Secondo quanto riferito da Vitali agli inquirenti, si sarebbe trattato di un patto suicida: entrambi avrebbero deciso di togliersi la vita per debiti insostenibili e problemi di dipendenza dalla droga. L’ipotesi, al momento, è al vaglio degli inquirenti, che però non escludono altre piste, vista la presenza di segnali di colluttazione nella stanza e la posizione del cadavere, parzialmente sotto al letto.

Chi erano Maurizio Drovandi e Marco Vitali

Maurizio Drovandi era un impiegato di banca, dipendente della filiale del Monte dei Paschi di Siena a Prato. Marco Vitali invece gestiva una forneria, ora chiusa. I due convivevano da circa un decennio e, sempre secondo il racconto di Vitali, erano stati travolti da una crisi economica profonda, acuita dalla dipendenza da sostanze stupefacenti.

Avevano tentato invano di risollevarsi: prima vendendo le rispettive abitazioni, poi cedendo l’attività commerciale. Ma il peso dei debiti era diventato insostenibile.

Cosa ha raccontato Marco Vitali agli inquirenti?

Secondo la ricostruzione fornita da Marco Vitali — che è stato ascoltato in ospedale dagli investigatori e presenta solo ferite superficiali — lui e Drovandi avevano preso la tragica decisione di tagliarsi la gola insieme. L’obiettivo era quello di mettere fine a un’esistenza divenuta ingestibile.

Vitali ha dichiarato che l’episodio sarebbe avvenuto mercoledì 23 luglio, anche se il ritrovamento del corpo è avvenuto soltanto venerdì 25 luglio, due giorni dopo, quando i dipendenti del residence hanno dato l’allarme.

Cosa c’era scritto nei biglietti trovati nella stanza?

Due biglietti manoscritti sono stati ritrovati sul luogo della tragedia. Il messaggio riportava una frase drammatica e inequivocabile:

“Abbiamo deciso insieme. Non fate funerali, donate gli organi.”

Tuttavia, secondo le prime analisi, entrambe le firme sembrerebbero vergate dalla stessa mano, un dettaglio che ha spinto la Procura a disporre accertamenti grafologici approfonditi.

Perché è stata aperta un’indagine per omicidio?

Nonostante l’ipotesi del patto suicida, la Procura di Prato ha aperto un fascicolo per omicidio, mantenendo aperte tutte le piste. I motivi sono diversi:

  • Stato di disordine della stanza, compatibile con una possibile colluttazione;
  • La posizione del corpo di Drovandi, trovato in parte sotto il letto;
  • La presenza di ferite superficiali su Vitali, incompatibili — secondo alcune valutazioni preliminari — con un reale tentativo suicidario.

Lunedì 28 luglio sarà conferito l’incarico per l’autopsia, che dovrà chiarire cause e dinamiche della morte. Le indagini sono affidate alla squadra mobile della Questura di Prato.


Quali saranno i prossimi passi delle indagini?

Il procuratore Luca Tescaroli ha dichiarato che le indagini in corso sono finalizzate a “verificare la causa della morte e del ferimento”, sottolineando che nessuna ipotesi viene esclusa a priori. Saranno fondamentali:

  • L’esito degli esami autoptici;
  • Gli accertamenti grafologici sui biglietti;
  • Le analisi forensi sulla scena del presunto patto suicida.

Solo allora sarà possibile stabilire se si sia trattato davvero di un gesto condiviso, o se la morte di Drovandi sia da attribuire a un atto violento unilaterale, magari in un momento di crisi psicologica o alterazione.


Un dramma privato che interroga una comunità

Questo episodio ha lasciato sgomenti amici, familiari e colleghi della coppia. Le dinamiche complesse di sofferenza economica, dipendenza e fragilità emotiva trovano in questa tragedia un’espressione estrema. Resta da capire, ora, quale sia stata la reale volontà delle persone coinvolte e se ci siano responsabilità penali.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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