Scene di disperazione dopo l'attacco mortale di un 15enne a Gorki 2Scene di disperazione dopo l'attacco mortale di un 15enne a Gorki 2

Il blitz nella scuola di Gorki-2 e l’ombra dell’estremismo

Un attacco improvviso, feroce, consumato in pochi minuti all’interno di una scuola. La regione di Mosca è sotto shock per l’aggressione avvenuta nel villaggio di Gorki-2, nel distretto urbano di Odintsovo, dove un quindicenne ha accoltellato più persone all’interno dell’istituto scolastico, uccidendo un bambino di dieci anni e ferendo gravemente una guardia giurata.

L’episodio si è verificato nella scuola secondaria Uspenskaya e ha immediatamente fatto scattare l’intervento delle forze speciali russe. L’aggressore, uno studente dell’istituto, è stato arrestato sul posto dopo essersi barricato in un’aula con un ostaggio.


La dinamica dell’attacco: spray al peperoncino e coltellate

Secondo quanto ricostruito dal ministero degli Interni russo e confermato dal Comitato investigativo russo, il quindicenne sarebbe entrato a scuola armato di coltello. All’ingresso ha prima spruzzato spray al peperoncino contro la guardia di sicurezza, immobilizzandola, per poi accoltellarla.

Subito dopo ha raggiunto gli spazi frequentati dagli studenti, colpendo un bambino di dieci anni, ferito mortalmente. Il piccolo è deceduto a causa delle gravi lesioni riportate. Altre persone sono rimaste ferite durante l’aggressione, mentre il panico si diffondeva tra studenti e personale scolastico.

I bambini sono riusciti a fuggire all’esterno e a trovare riparo negli edifici vicini, mentre gli insegnanti organizzavano l’evacuazione dell’istituto.


L’assedio, l’ostaggio e l’arresto

Dopo l’aggressione, l’adolescente si è chiuso in un’aula prendendo in ostaggio uno studente, minacciandolo con il coltello. Le forze speciali sono intervenute facendo irruzione nell’edificio scolastico e riuscendo a bloccarlo senza ulteriori vittime. L’ostaggio, secondo le prime informazioni, sarebbe rimasto illeso.

Video diffusi sui social mostrano l’area transennata, la presenza di agenti armati in assetto antisommossa e numerose pattuglie della polizia attorno alla scuola, mentre i passanti osservano a distanza.


Simboli estremisti e propaganda dell’odio

Uno degli elementi più inquietanti emersi dalle indagini riguarda l’abbigliamento e i simboli indossati dall’aggressore. Secondo diversi canali Telegram russi, il quindicenne – identificato come Timofey K. – indossava una maglietta con la scritta “No Lives Matter” e un casco protettivo con slogan di matrice neonazista, tra cui frasi antisemite e riferimenti a ideologie suprematiste.

Sul casco sarebbe comparsa anche la cifra “2083”, anno simbolo per l’estremismo suprematista, già richiamato nel manifesto di Anders Breivik, autore della strage di Utoya del 2011. Un dettaglio che ha acceso l’allarme sulla possibile radicalizzazione ideologica del ragazzo.


Il video dell’attacco e la radicalizzazione online

Secondo il canale Mash, l’adolescente avrebbe filmato l’aggressione con il proprio telefono e pubblicato il video online. Un gesto che rafforza l’ipotesi di una ricerca di visibilità e imitazione di modelli estremisti già diffusi sul web.

Le autorità hanno confermato che il giovane è stato sottoposto a controlli di sanità mentale, mentre proseguono le indagini per chiarire il contesto familiare, scolastico e digitale in cui sarebbe maturata la violenza.


Una tragedia che riapre l’allarme sicurezza

L’attacco di Gorki-2 riporta al centro del dibattito il tema della sicurezza nelle scuole e della radicalizzazione giovanile, anche in contesti apparentemente lontani dai grandi conflitti geopolitici. La morte di un bambino di dieci anni segna una ferita profonda e solleva interrogativi urgenti sulla prevenzione dell’estremismo violento e sul ruolo dei social nella diffusione dell’odio.

Mentre la comunità locale piange la vittima e si stringe attorno alle famiglie coinvolte, le autorità russe promettono accertamenti rigorosi per comprendere come un quindicenne sia potuto arrivare a compiere un gesto di tale brutalità.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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