l post di Meloni e la parola al centro del dibattito
Dopo le recenti dichiarazioni del segretario della CGIL Maurizio Landini durante il programma diMartedì, e la conseguente risposta social della premier Giorgia Meloni, il termine “cortigiana” è tornato al centro del dibattito pubblico.
Ma cosa significa davvero questa parola, e come si è trasformata nel corso dei secoli?
Il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, evidentemente obnubilato da un rancore montante (che comprendo), mi definisce in televisione una “cortigiana”.
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) October 16, 2025
Penso che tutti conoscano il significato più comune attribuito a questa parola, ma, a beneficio di chi non lo… pic.twitter.com/JS51GN7Yn9
Dalle dame di compagnia alle donne di corte
Originariamente, nel Medioevo, la cortigiana era semplicemente una “donna di corte”: una figura di rango che viveva negli ambienti aristocratici e svolgeva ruoli di compagnia o consiglio.
Il termine derivava da corte, cioè l’insieme dei luoghi e delle persone che orbitavano intorno a un sovrano o a un signore feudale.
Solo dal Quattrocento in poi la parola cominciò ad assumere sfumature diverse, identificando quelle donne che, pur mantenendo eleganza e cultura, intrattenevano rapporti amorosi o politici con nobili e potenti.
Dal “Cortegiano” di Castiglione alla doppia morale rinascimentale
Il termine “cortigiano” trova la sua codificazione nell’opera di Baldassar Castiglione, Il Cortegiano (1513–1524), dove viene descritto l’ideale dell’uomo di corte: elegante, colto, misurato e abile nell’arte della parola.
Parallelamente, la versione femminile — cortigiana — inizia a scindersi semanticamente: da “donna raffinata di corte” a donna libertina, talvolta assimilata alla figura della prostituta d’alto rango.
Le cronache rinascimentali raccontano di figure come Veronica Franco e Tullia d’Aragona, celebri cortigiane veneziane che univano bellezza, intelletto e indipendenza, capaci di dialogare alla pari con poeti e nobili.
Dalla cultura al pregiudizio
Col passare dei secoli, la parola perde progressivamente il suo valore culturale, assumendo una connotazione esclusivamente negativa.
Nel linguaggio comune e letterario moderno, come riporta la Treccani, cortigiana diventa sinonimo di “donna di facili costumi” o “prostituta”, caricandosi di un giudizio morale che ne distorce le origini storiche.
Un termine che racconta la condizione femminile
La storia della parola “cortigiana” è anche una metafora dell’evoluzione del ruolo delle donne nella società: da figure centrali del potere culturale a oggetti di moralismo.
Oggi, riportarla nel suo contesto originario significa riconoscere il valore intellettuale e simbolico che ebbe nel Rinascimento, quando essere cortigiana poteva voler dire essere libera, istruita e capace di influenzare il potere.