Una voce dal passato: l’incidente di Davide Meldo
«Giravano a fari spenti nella nebbia, mio fratello non ha potuto evitarli». Con queste parole Valeria Meldo riapre una ferita vecchia di tredici anni.
La sua storia torna oggi, dopo la strage di Castel d’Azzano, che ha visto morire tre carabinieri nell’esplosione del casolare dei fratelli Ramponi, in provincia di Verona.
Il precedente del 2012: un incidente nella nebbia
Era il 28 gennaio 2012 quando Davide Meldo, camionista che lavorava per la ditta Bastasini di Cadidavid, rimase ucciso in un incidente a Trevenzuolo.
Davanti a lui, nella nebbia fitta, comparve un trattore senza fari e senza lampeggianti, guidato — secondo le ricostruzioni dell’epoca — da uno dei fratelli Ramponi.
«Non poteva evitarli — racconta Valeria al Corriere del Veneto —. Il mezzo che lo ha centrato ha preso fuoco e mio fratello è morto tra le fiamme».
L’inchiesta stabilì che il trattore era privo di assicurazione e non in regola con la sicurezza.
«I miei genitori seguirono tutto con un vecchio avvocato — prosegue — ma non abbiamo mai ricevuto risarcimenti. Tre anni dopo morirono di crepacuore».
Le parole di oggi: “Non è solo un incidente, è una follia che si ripete”
Quando Valeria ha sentito parlare dei fratelli Ramponi nelle cronache della strage di Castel d’Azzano, il nome le è sembrato familiare.
«All’inizio non avevo collegato, poi ho sentito le interviste e ho capito. Sono gli stessi. Mio fratello è morto per colpa loro, e ora altre famiglie piangono. Non è una coincidenza: è una tragedia annunciata».
“Spero che questa volta la giustizia sia giustizia”
Valeria Meldo oggi non cerca vendetta, ma verità:
«Chi guida senza fari o maneggia gas sapendo che può esplodere non può dirsi innocente. Mio fratello è morto per colpa loro, e ora tre carabinieri non torneranno a casa. Questa volta spero che la giustizia non chiuda gli occhi».
Un passato di esplosioni e violenza
Indagando sulla famiglia Ramponi, emergono altre ombre.
Negli anni ’80, un loro cugino, Girolamo Ramponi, perse la vita in una deflagrazione causata dal gas.
Un maresciallo in pensione ricorda:
“Abitava di fronte, aveva problemi di alcol e violenza domestica. Un giorno lasciò il gas aperto e, rientrando, fece esplodere tutto.”
Una coincidenza inquietante, che si ripete a distanza di decenni.
L’inchiesta sulla strage di Castel d’Azzano
Nel frattempo proseguono le indagini sull’esplosione di Castel d’Azzano che è costata la vita a tre carabinieri.
La Procura di Verona contesta ai tre fratelli — Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi — il reato di strage.
Durante l’interrogatorio di garanzia nel carcere di Montorio, Dino Ramponi si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Il suo avvocato, Fabio Porta, ha spiegato:
“Dino era fuori dal casolare al momento dell’esplosione. Lavorava nelle stalle accanto e si è accorto solo dopo della deflagrazione.”
Maria Luisa Ramponi tra la vita e la morte
La sorella, Maria Luisa, è ricoverata in gravi condizioni all’ospedale Borgo Trento di Verona.
Secondo gli investigatori, potrebbe essere stata lei a maneggiare la bombola di gas che ha provocato l’esplosione.
Un video la mostra tra le macerie del casolare, con il volto ustionato, mentre urla contro le forze dell’ordine.
Funerali di Stato in diretta tv
Funerali di Stato per i carabinieri morti nell’esplosione del casolare a Castel D’Azzano. Le esequie saranno celebrate venerdì 17 ottobre e saranno trasmesse in diretta dalla chiesa di Santa Giustina a Padova alle 15:30 su Rai 1 e Rete 4.